ALBA L’avvocato Lorenzo Paglieri è persona ben informata sulla questione Egea, dovendo tutelare molti suoi clienti che rischiano di affondare per colpa della multiservizi. Oltre agli impietosi numeri sotto gli occhi di tutti, è in grado di fare qualche considerazione aggiuntiva.
Dice Paglieri: «Prima che la vicenda esplodesse, sfruttando l’aumento di capitale e il valore di mercato salito a 150 euro, Carini proponeva in vendita le azioni a una quota scontata, magari a 130 o 140 euro. La gente ha abboccato, quanto incassato andava in una sua società, la Sia. Quest’ultima, nell’ultimo bilancio depositato, datato 2021, risultava avesse tre milioni e mezzo di debiti verso le banche. Situazione molto strana, se si pensa al fatto che avesse venduto azioni per milioni di euro».
Chi ha comprato le azioni «si è trovato con un capitale bruciato. Lo stesso discorso vale per chi le possedeva già prima: Alba, con 86.097 azioni ordinarie, ha perso circa tredici milioni. Gatto, purtroppo, da Bo non ha ereditato questo capitale. Per quanto riguarda le banche, durante l’assemblea della Banca d’Alba ho chiesto al direttore Enzo Cazzullo quale fosse l’indebitamento di Egea con l’istituto. Era una domanda specifica e non ha risposto, ha detto soltanto che esistono sufficienti accantonamenti. Mi sta bene, ma tali somme incidono sugli utili. E non ha rivelato l’importo».
Per quanto riguarda l’omologa, «l’accordo sarà penalizzante per tutti. Qualcuno più furbo, specialmente con i lavori del Superbonus, ha aspettato a emettere fatture: le opere risultano effettuate dopo l’1 luglio e potrà incassare. Sempre che ci siano i soldi, è chiaro. In ogni caso è ingiusto, certe aziende finiranno sul lastrico e potranno farci nulla. Il più contento sarà Riccardo Ranalli: nella relazione finale per la composizione negoziata si leggeva che, se l’omologa fosse andata a buon fine, gli sarebbe stato raddoppiato il compenso, da 400mila a 800mila euro più Iva».
Davide Barile