
ABITARE IL PIEMONTESE Rileggendo La chiave a stella di Primo Levi, dove si parla di lavori artigianali, mi sono soffermato sul racconto Senza tempo. Se il nome del narratore (Faussone) è sospettabilmente piemontese, la sintassi pur in lingua italiana lo confermerà a cominciare da un albergo a buon patto dove alloggiano gli operai destinati a lavorare su un traliccio. Ricordando la propria spavalderia, dichiara: «…io che facevo l’erlo a venti metri di quota senza nemmeno la cinta…». Qui Levi interrompe la narrazione per fare un excursus sulla nota locuzione che significa mostrare baldanza o fare il gradasso. «Speravo che Faussone me ne spiegasse l’origine, o almeno mi chiarisse che cosa è un erlo. (…) lui sapeva vagamente che l’erlo è un uccello, e che appunta fa l’erlo con la sua femmina per indurla alle nozze, ma niente di più. In seguito, e per conto mio, ho svolto qualche ricerca, da cui è risultato che l’erlo è lo Smergo maggiore, una specie di anitra dalla bella livrea (…), ma nessun cacciatore ha potuto confermarmi che il suo comportamento sia così peculiare da giustificare la metafora che è tutt’ora largamente usata».
L’amore per la lingua che emerge in Levi pare un’autorevole puntata di Abitare il piemontese ante litteram. Ci siamo cimentati per rendere esaustiva la questione, almeno per il lettore. L’erlo (pronuncia: erlu) è lo smergo maggiore (mergus merganser), un’anatra selvatica che possiede l’abilità d’immergersi sott’acqua facendo perdere temporaneamente le proprie tracce. Chissà che fé l’erlo significhi fare il furbo o illudere. Fé l’erlo è riferito prettamente al genere maschile, in quanto il maschio dello smergo maggiore in ambito riproduttivo è particolare, riconoscibile: presenta fianchi rosati e dorso nero, il becco rosso vivo contrasta con il cappuccio verde smeraldo. Allora fe l’erlo significa farsi notare nella tenuta più straordinaria. Un’ipotesi etimologica considera un prestito dal francese herle, uccello palmipede diffuso nei territori vicini al Piemonte. C’è chi suggerisce, invece, una derivazione dal latino herulum, diminutivo di herum (padrone, signore), per l’aspetto baldanzoso dell’animale, caratterizzato da un ciuffo di penne alla sommità del capo e da un piumaggio elegante.
Paolo Tibaldi
