ALBA Tra le questioni di primaria importanza per l’Amministrazione cittadina, anche in previsione delle criticità che potrebbero intervenire con l’arrivo della brutta stagione e delle piogge, c’è anche l’eterna vicenda del campo nomadi Pinot Gallizio, che si trova lungo le sponde del Tanaro.
Negli anni e con l’avvicendarsi delle forze politiche alla guida della città, sono state proposte e mai realizzate le soluzioni più diverse: la riqualificazione del campo, il trasferimento in altra sede – si era parlato anche di località Toppino –, l’accoglienza dei nuclei familiari in case esterne al campo, come in parte è stato fatto. Il dato oggettivo è che, a oggi, sono diverse le persone singole e le famiglie che vivono in un’area esondabile e pertanto considerata pericolosa.
La storia del campo nomadi
Ma andiamo per ordine, a partire dalla storia: il campo è stato realizzato nel 1956, su un terreno messo a disposizione dall’artista albese Pinot Gallizio, che apprezzava le tradizioni e la cultura del popolo nomade. Nel corso di quasi 80 anni, però, le cose sono molto cambiate. Il campo si è progressivamente trasformato in uno spazio edificato con costruzioni in mattoni e cemento, dove hanno trovato casa famiglie in gran parte stanziali.
A più riprese, il Tribunale albese si è pronunciato sull’abbattimento delle abitazioni, del tutto abusive. È stato l’ex sindaco Maurizio Marello a firmare le ordinanze di sgombero, con l’intento di procedere alla demolizione: sono passati ormai dieci anni da quando si presero accordi con una ditta del settore per procedere.
Che cosa è accaduto dopo? Tutto è rimasto fino a oggi sul piano delle intenzioni e della carta bollata. Anche l’ex primo cittadino Carlo Bo ha cercato di affrontare la questione, con una direzione chiara: archiviata l’idea iniziale di smantellare il Gallizio e di spostarlo in un’altra zona della città, l’Amministrazione precedente ha scelto la via del dialogo con le cinquanta famiglie presenti, quasi tutte albesi.
Il futuro
La scelta è stata quella di offrire come alternativa alloggi messi a disposizione dallo stesso Comune o di entrare in lista d’attesa per una casa popolare, per tutti i nuclei pronti a lasciare il campo. L’obiettivo era quello di dare vita a un nuovo Gallizio, con una ventina di piazzole in cemento collegate ai servizi – acqua, corrente elettrica e gas – a carico degli utenti. Si pensava a una sosta non definitiva, per accogliere soltanto nuclei familiari nomadi, così da usufruire degli spiazzi in modo temporaneo.
Sarà ora la Giunta del neosindaco Alberto Gatto a doversi fare carico della situazione, che a oggi sembra rimanere piuttosto lacunosa: «È una questione ormai immobile da anni, su cui sono state avanzate molte soluzioni», dice.
«Per ora, non posso dire molto, se non che porteremo avanti un dialogo franco e proficuo nell’interesse di tutta la città e degli stessi abitanti del Gallizio, coinvolgendo tutti i soggetti interessati: dal Consorzio socioassistenziale, già attivo sul tema da tempo, alle Forze dell’ordine, altrettanto coinvolte».
Beppe Malò