L’INTERVISTA L’imprenditore Guido Martinetti, uno dei fondatori della catena di gelaterie Grom, oggi ha un’azienda vitivinicola a Montegrosso. Con lui parliamo del successo ottenuto dalle colline Unesco e del futuro di questo territorio.
Come è nata l’idea di fondare la prima catena italiana di gelaterie?
«Leggendo, nel 2002, un articolo nel quale Carlin Petrini diceva che nessuno faceva il gelato come una volta, intendendo con prodotti di stagione e senza additivi. Decidemmo di utilizzare prodotti di presidi Slow food. Il primo passo importante arrivò con l’apertura a New York nel 2007 e a Parigi nel 2008. Poi è nata Mura Mura, azienda agricola di otto ettari da dove proveniva gran parte delle materie prime, frutta non bella ma buona. Poi, nel 2015, arrivò l’offerta di Unilever».
Come è passato dai gelati alla produzione di vino?
«Tornare al vino è stato fisiologico, sono tornato a casa. Faccio il gelato con il cervello e il vino con il cuore».
A Montegrosso d’Asti, nell’azienda vitivinicola Mura Mura sta puntando sul Grignolino, altri produttori guardano all’Alta Langa Docg. Da dove nasce questa volontà di diversificarsi?
«Fuori dalle aree più conosciute, come sono quelle del Barolo e Barbaresco, si possono inseguire livelli di eccellenza. Gli appassionati più evoluti cercano vitigni come il Timorasso per nuove esperienze enologiche».
Le Marne è l’altro suo progetto imprenditoriale a Costigliole. La clientela da dove proviene e cosa cerca?
«Da noi gli stranieri sono il 70%, soprattutto svizzeri. Cercano il bello, la pace, cibo, vino, cantine, ma anche profumi e artigianato».
Come contribuisce l’alta cucina ad attrarre i turisti?
«I grandi ristoranti contribuiscono all’attrattiva turistica e anche gli stellati attraggono molto. Non sono però solo i picchi che contano, ma la media, e qui la media è molto alta».
Il Monferrato sta conoscendo una veloce ascesa, sia nel turismo che nel mercato immobiliare. Come giudica questo fatto?
«Le Langhe e il Monferrato sono un tutt’uno. Alba ha degli elementi distintivi che consentono una valorizzazione maggiore grazie alla determinazione e alla rapidità mentale dell’albese, il quale tende sempre ad avere un’anima commerciale abbinata a una capacità rara nell’esaltare il prodotto».
Filippo Bonardo Conti