ALBA La Fiera sta per iniziare, la città attende come se una grande esplosione dovesse a breve deflagrare. Alcuni sono entusiasti, altri preoccupati. L’avvento di migliaia di turisti e la frenetica attività commerciale porterà risorse economiche a molte persone, ma al contempo costringerà una parte di popolazione a ritmi incalzanti di lavoro e orari prolungati. A risultare coinvolti saranno soprattutto gli operatori del campo ristorativo, che sovente devono affrontare lunghi turni a fronte di paghe mediamente contenute e difficoltà molteplici nella conciliazione dei tempi vita-lavoro.
Quando incontriamo Roberto a casa sua, è seduto sul divano e sembra molto stanco. E’ martedì, il suo giorno libero. Il ragazzo spiega che «nessuno ha il giorno libero il martedì. Il resto della settimana lavoro dalle 14 alle 2 di notte, non è possibile avere una vita sociale con questo tipo di impostazione organizzativa. Io ho 29 anni, non ho una fidanzata. Ho provato a chiedere al mio datore di lavoro un ridimensionamento orario, ma non ne vuole sapere. Con l’arrivo della Fiera nel periodo autunnale le cose potrebbero perfino peggiorare».
Roberto lavora in un ristorante di Alba, e la sua è solo una delle testimonianze raccolte da Gazzetta negli ultimi giorni.
Nel giornale cartaceo di questa settimana usciranno le voci di abita un mondo operoso, un universo poco raccontato dalle cronache mediatiche nei suoi risvolti quotidiani eppure uno dei principali sostegni dell’economia locale. Non mancano gli entusiasmi e la gratitudine, le emozioni di chi sente una vocazione personale nel ricoprire il ruolo di cameriere, cuoco, sommelier o barista. Ma le storie di fatica sono tante.
Pietro, 29enne originario di Torino ma operativo nell’Albese, dice: «Lavoravo molte ore al giorno. Quando dico molte significava una media di 13 o 14. Una volta sono arrivato fino a 18. Non posso fare il nome del ristorante, è troppo conosciuto sul territorio. Quello che posso dire è che gli straordinari non mi venivano pagati. Prendevo 1.500 euro al mese e dovevo essere “grato” di questo stipendio, così mi veniva detto, perché avevo l’onore di lavorare per grandi chef e importanti nomi del mondo gastronomico internazionale». Oggi il ragazzo ha scelto di cambiare mestiere, rinunciando alla carriera dietro ai fornelli.
Nella città considerata ricca e intraprendente sul fronte imprenditoriale, ogni giorno centinaia di lavoratori del comparto enogastronomico combattono le loro battaglie, creano e organizzano, costruiscono carriere e tentano di sopravvivere ai crescenti flussi turistici, alle richieste del mercato, alla fatica di un mestiere sovente poco riconosciuto.
Nel numero di questa settimana, in edicola, tutti i dettagli e le analisi degli esperti.
Valerio Re