IL CASO In questo momento in Piemonte mancano quasi cinquecento medici di medicina generale, i nostri dottori di famiglia. Il problema ha le basi in scelte che si sono rivelate sbagliate, come la cronicità del numero programmato alla facoltà di medicina, nelle strategie del destino cinico e baro che, attraverso il Covid-19, ha reso palesi le carenze della nostra sanità pubblica, nelle modificazioni della demografia, nella storica inflazione dei costi sanitari e una domanda di salute sempre maggiore.
Per arginare la situazione, a maggio, la Regione Piemonte e i medici di medicina generale hanno sottoscritto un accordo integrativo per dare attuazione a uno strumento, le Aggregazioni funzionali territoriali (Aft) alle quali demandare il compito di ampliare la superficie di una coperta che, allo stato attuale, appare sempre più corta e rammendata.
Si tratta a tutti gli effetti di una vera e propria rivoluzione che dovrebbe realizzarsi a far data dal prossimo primo gennaio 2025. Ma fare cambiamenti è già un problema complesso e farli d’urgenza vuol dire mettere in atto un piano talmente ambizioso da sfiorare l’empireo della fede. Un’iniziativa che, sarà bene ricordarlo, nasce già piuttosto datata e non mette d’accordo tutte le sigle sindacali che rappresentano i medici di base.
Ecco di cosa parliamo. Ai medici di famiglia si chiede di aderire alle Aft aggregandosi in gruppi operativi di 20 o 22 professionisti che dovranno prendersi cura di 20/25mila persone, ovvero dei loro singoli mutuati e di quelli dei colleghi di cui potranno condividere in modalità informatica sia elenchi che cartelle cliniche.
Questa riforma prevede che, secondo disponibilità oraria, le Aft dovranno offrire agli assistiti dal lunedì al venerdì, dalle 8 alle 20 un medico che risponderà alle richieste degli assistiti. Tutto questo sarà reso possibile attraverso l’integrazione in rete e il lavoro di équipe tra i medici di medicina generale e quelli della ex guardia medica.
Le Aft saranno operative per la prevenzione, le vaccinazioni, la presa in carico della cronicità, la diagnostica di primo livello e lo sviluppo delle cure domiciliari. Attraverso il cosiddetto ruolo unico, inoltre, i medici che finora erano destinati a esclusiva attività di guardia medica notturna e festiva, dovranno essere disponibili anche di giorno, durante la settimana, a supporto dei medici di famiglia, per integrare la continuità dell’assistenza, la prevenzione e la presa in carico della cronicità.
Il progetto dovrebbe camminare accanto a quello delle case della salute previste nel contesto dei fondi del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) come sede ideale per la “medicina d’iniziativa”. Non certo per vis polemica, ma per semplice curiosità, vorrei ricordare che il 7 dicembre scadeva il termine assegnato alle Asl del Piemonte per comunicare alla Regione come provvederanno a organizzare la transizione verso le Aft in vista del primo gennaio.
Beppe Malò