La ricerca di Ires Piemonte / Il precario lavoro nei campi non fa spazio ai giovani e alle quote rosa

La ricerca di Ires Piemonte / Il precario lavoro nei campi non fa spazio ai giovani e alle quote rosa 1

L’ANALISI Cosa accade all’agricoltura piemontese, qual è lo stato di salute dei campi, dei raccolti, delle aziende e dei lavoratori che ogni giorno dedicano la propria fatica a piante e frutta? Queste le domande alla base del lavoro di ricerca dal titolo Piemonte rurale pubblicato dall’Istituto di ricerche economico sociali della Regione Piemonte (Ires) nelle scorse settimane.

Secondo l’analisi, il settore ha risentito delle incertezze internazionali a livello geopolitico e commerciale, con il rincaro delle materie prime e molteplici volubilità dal punto di vista climatico.

Una prima analisi riguarda il numero di aziende del comparto agricolo, che nel 2023 (anno dell’analisi) conta 43.445 unità. Queste realtà gestivano una superficie coltivata pari a quasi 900mila ettari, i campi erano suddivisi tra seminativi pari al 63%, prati permanenti e pascoli per il 26% e colture permanenti (in prevalenza vite e fruttiferi) pari all’11%.

L’industria alimentare era composta da 4.330 aziende e dopo le difficoltà causate dalla pandemia nel biennio 2020-21 (erano 4.527 al termine del 2019) si è stabilizzata, perdendo soltanto l’1,3% nell’ultimo anno.

Altra rilevazione importante riguarda il numero totale di addetti del comparto agricolo, che negli ultimi cinque anni è sceso del 2,8% (da 71.641 nel 2018 a 69.665 nel 2023). Nel dettaglio, gli operai a tempo determinato salgono a 18.887 con una crescita in un anno dell’1,4% (254 unità), e in cinque dell’8,1% (1.417 unità). Gli operai a tempo indeterminato salgono a 5.997 con una crescita in 12 mesi del 3,5% (200 unità) e in cinque anni del 18,6% (941 unità).  I dati raccolti mostrano la forte precarietà esistente nel settore, con una netta predominanza dei contratti a scadenza.

La ricerca di Ires Piemonte / Il precario lavoro nei campi non fa spazio ai giovani e alle quote rosa

Sul fronte dei giovani e delle donne si registra qualche difficoltà. Nel 2023 è stato registrato un calo di quasi 500 aziende condotte da persone con meno di 41 anni, arrivando a 5.987 unità. Rimane molto alta la quota dei titolari con oltre 65 anni che, pur perdendo 411 unità nell’ultimo anno, rappresentano ancora il 33% del settore. I dati descrivono un mondo in cui il ricambio generazionale risulta ancora molto difficoltoso.

Inoltre, esiste una forte disparità di genere. Le aziende agricole guidate da donne rappresentano il 25,8% del totale, in linea con i dati relativi agli altri settori produttivi nazionali. Negli ultimi anni è stata registrata una leggera contrazione della componente femminile, che nel 2018 rappresentava il 27,2% del totale.

Analizzando le tipologie di azienda emerge una forte vocazione verso l’agriturismo, settore in cui le aziende guidate da donne sfiorano il 40% con una tendenza in crescita negli ultimi anni (erano il 37,7% nel 2018).

I dati della ricerca analizzano le ambivalenze di un sistema ricco, ma che cambia in parallelo alle condizioni internazionali; un universo dai molti tesori, ma al tempo stesso precario in cui i lavoratori vivono condizioni di fatica e il futuro risulta da inventare, con opere di ricostruzione basate su parametri di sostenibilità e di maggiore equità.

Il settore vale 5 miliardi di euro, in ripresa i cereali

L’ANALISI Secondo la ricerca di Ires Piemonte rurale il valore totale del settore agricolo nel 2023 ha raggiunto i 5 miliardi di euro. Scendendo nel dettaglio del valore delle produzioni, spicca la crescita dei cereali, che in un anno hanno incrementato il proprio valore del 29% nonostante la crisi del mais, in calo del 19,7% a causa di stagioni climatiche difficili e della conseguente perdita di superficie seminata a vantaggio di colture meno esigenti dal punto di vista idrico. Anche per il riso la crescita media dei prezzi all’origine spinge in alto il valore totale (+15,3%).

Tra le coltivazioni, inoltre, si segnala la contrazione del vino – che nelle ultime due annate ha ulteriormente diminuito il proprio valore (-15,9% nel 2023 dopo il calo del 4% nel 2022) a causa principalmente della scarsa produzione dovuta alle annate estremamente calde e asciutte. Nel comparto zootecnico si registra una crescita abbastanza omogenea dei valori con l’eccezione positiva della carne suina che dopo alcune annate negative guadagna in due anni il 54% del valore (nel 2023 +22%).

Scendendo nel dettaglio dei settori chiave a livello locale, l’universo vitivinicolo nell’ultima stagione ha visto un rialzo della produzione, dopo le ultime due annate, caratterizzate da una forte siccità e quindi condizionate in modo negativo. La crescita dell’uva raccolta nel 2024 rispetto al 2023 è stata del 15%. La produzione di vino, nell’annata precedente, era stata effettivamente molto bassa, circa 1,95 milioni di ettolitri, il 19% in meno rispetto al 2022 e il 18% in meno rispetto alla media degli ultimi 10 anni.

Il mercato delle nocciole invece, dopo alcuni anni di progressione, sia produttiva che economica, sta attraversando un periodo di crisi soprattutto a causa del clima. Nonostante i dati diffusi da Istat stimino una produzione in crescita, l’elevata diffusione di fitopatie causate da un alto tasso di umidità nell’aria ha provocato una quota molto elevata di prodotto non vendibile. La resa a ettaro, stimata dalle principali organizzazioni del settore, sarebbe di circa un terzo rispetto alla media delle ultime annate. Per questo motivo, i prezzi all’origine delle nocciole piemontesi sono saliti in maniera intensa a partire da settembre, per arrivare a ottobre a un valore del 35% superiore alla quotazione di agosto per la nocciola gentile trilobata (4,9 euro al chilo) e del 40% rispetto a ottobre 2023.  

 Roberto Aria

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