La voce blu: Andrea Bosca, una storia emotiva espressa in versi

Andrea Bosca, una storia emotiva espressa in versi

L’INTERVISTA In onda il lunedì sera su Rai uno nelle vesti del tenore Giacomo Lotti per la serie Belcanto, dal 7 marzo Andrea Bosca è anche in libreria con il suo esordio lirico La voce blu (Interno poesia).

Sono 120 pagine di versi in cui l’attore canellese mostra un lato inedito di sé, profondo ed enigmatico fino al disvelamento finale in cui è possibile trovare «lo scacco matto della gioia». Un lavoro interiore frutto di un lungo dialogo con le proprie emozioni e i propri pensieri, che trova ora una dimensione pubblica anche grazie all’incoraggiamento di Francesco Napoli, giornalista e critico letterario.

Andrea Bosca, una storia emotiva espressa in versi 1Come è nata la volontà di pubblicare i suoi versi?

«Non avevo idea di scrivere un libro di poesia, ma fin da quando andavo al liceo mi ha accompagnato un rapporto con una parte interiore molto profonda di me, perciò il volume è scritto in tre sezioni con altrettanti stili. Poi c’è stato un momento in cui non sono più riuscito a sentire questa voce, perciò sono entrato in crisi e ho cercato di tornare alle poesie per risentire di nuovo quell’ispirazione. Alla fine sono riuscito a mettere ordine, formando una storia emotiva, e da lì mi sono buttato trovando l’editore e l’aiuto di Francesco Napoli, che ha curato la postfazione».

Si può dunque dire che ha trovato un nuovo mezzo per esprimersi?

«È una cosa unica nel mio percorso perché io sono un attore, però per anni ho avuto questa dimensione privata con la scrittura e con l’anima: dentro ci sono i miei passaggi di bellezza e conoscenza. In un periodo in cui sentivo vicini la tristezza e il fallimento è stato importante tornare a queste parole. Tutti noi dobbiamo avere un momento in cui ci confrontiamo con quello che a volte sembra un demone e a volte un angelo. La voce blu non è soltanto intuizione del mio mondo: quella parte interna e preziosa che pensi sia unica e personale è in realtà la porta per tutti gli altri. La raccolta parte quindi da una chiusura, quasi da una ferita, fino al momento in cui invece c’è un’apertura, che è uno scacco matto assoluto della gioia».

Ha avuto riferimenti letterari in questo percorso?

«Appena posso curo una rubrica in diretta Instagram che si chiama “King in a nutshell”, in cui parliamo di poesia. Ho sempre avuto tanti riferimenti dalla scuola fino ad adesso, penso ai russi oppure ai grandi poeti italiani. Da ragazzo c’era un grande sentire, ma anche una voce più flebile. In seguito tante cose, come il mio mestiere, l’analisi, l’incontro con le persone e soprattutto con le donne, mi hanno permesso di distendermi e imparare una leggerezza che intuivo ma non conoscevo. Dalla lettura ho imparato tanto, ma le mie poesie simulano su carta soprattutto quello che mi è successo nella vita. Certamente ci sono gli autori del nostro territorio per uno che li ha letti e messi in scena molte volte: sono come le nostre colline, sono parte integrante di noi ed è giusto che io racconti anche la storia di come ho camminato attraverso questi mondi».

Lorenzo Germano

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