
ABITARE IL PIEMONTESE Aprile era il secondo mese del calendario romano ed era dedicato alla fertilità e alla rinascita dopo l’inverno. Ora è il quarto dell’anno e, secondo alcune interpretazioni, il nome deriva dall’etrusco Apro, a sua volta da Afrodite, dea dell’amore alla quale era dedicato questo mese. Secondo altre teorie, aprile deriva dal latino aperire (aprire) per indicare il mese in cui si schiudono piante e fiori.
Il modo in cui questo mese influisce sulla civiltà piemontese è dato da una serie di locuzioni, modi di dire e proverbi che mettono in relazione un meteo tendenzialmente piovoso con l’attività agricola. Esse na pieuva d’avȓì (essere una pioggia d’aprile) significa essere noioso (la forma più diffusa è esse na pieuva e l’aggiunta di aprile ne aumenta il significato. Se in campagna la pioggia è benedetta, in città diventa malinconica, noiosa. Tuttavia, i contadini vedono in essa un’opportunità, ma anche l’impazienza di avviare i lavori agricoli primaverili.
Un, doi, trei d’avȓì màȓco ‘ȓ temp pëȓ quaranta dì (uno, due, tre di aprile, segnano il tempo per quaranta giorni); Avȓì, làva ȓe scoele e va a deuȓmì (aprile, lava le scodelle e vai a dormire); Avȓì bagnà, pan pëȓ tuta ȓ’anà (aprile bagnato, pane per tutta l’annata); D’avȓì o pieuv pëȓ j’òm, a màgg pëȓ ëȓ bestie (ad aprile piove per gli uomini, a maggio per le besite); Avȓì a fa ȓa fior, magg o ȓ’ha ȓ’onoȓ (aprile fa il fiore, maggio ha l’onore); Avȓì o ȓ’è ‘ncoȓa tut bon tacà aȓ vì (aprile è ancora tutto buono lavorare le viti).
Molto spesso aprile è il mese in cui ricorre la Pasqua. Anche in questo caso, la società piemontese si affida al cielo, in tutti i sensi: S’o pieuv a ȓa Ramiȓiva, o pieuv set feste ‘d fiȓa (se piove la domenica delle palme, pioverà per sette domeniche consecutive); Giȓa toiȓa e taȓabàsca, ȓ’invern o duȓa fin-a a Pasqua (gira, mescola e agita, l’inverno dura fino a Pasqua). Aprile significa pioggia: Chi ch’o ȓ’ha vist tre bej mèis d’avȓì o j’agȓeva nen a miȓì (chi ha visto tre bei mesi d’aprile, non gli rincresce morire). Avȓì o n’ha tranta, s’o piovissa trantun, o fa mà a gnugn (aprile ne ha trenta, se piovesse il trentunesimo giorno, non farebbe male a nessuno) è un augurio contadino: un giorno di pioggia in più, alla campagna farebbe solo bene. D’altronde, senz’acqua non c’è vita. Anche la Bibbia ce lo ricorda con un personaggio: Eva.
Paolo Tibaldi
