
di Matteo Viberti
ALBA – Elena Cattaneo dirige il laboratorio di biologia delle cellule staminali e farmacologia delle malattie neurodegenerative dell’Università di Milano. Ha scritto Ogni giorno tra scienza e politica per Mondadori; Armati di scienza e Scienziate sono stati pubblicati da Cortina. Nel 2013 è stata nominata senatrice a vita dal presidente Giorgio Napolitano, terza donna dopo Camilla Ravera e Rita Levi Montalcini. Venerdì 16 maggio alle 21 sarà al teatro Sociale nell’ultimo incontro di Aspettando profondo umano, rassegna di Intonando.
Come è nata la sua passione per la scienza, senatrice?
«Non è stato un colpo di fulmine; lo definirei piuttosto un crescendo di curiosità nato tra i banchi di scuola e maturato all’università. Frequentando la facoltà di farmacologia, la curiosità è diventata un vero e proprio innamoramento. Ho vissuto l’emozione di scrivere una tesi di ricerca sperimentale in prima persona al bancone di laboratorio».
Quale racconto condividerà col pubblico?
«Racconterò della meraviglia dello studio e della conoscenza che può nascere in ciascuno di noi senza barriere di genere. Della libertà di puntare in alto, di scegliere le strade che più ci affascinano, senza vivere limitazioni sociali che spesso, specie per le ragazze, ostacolano sogni e aspirazioni. Non ci sono campi di studio maschili o femminili, non c’è differenza biologica che giustifichi limiti messi a priori. Nel libro Scienziate racconto l’esperienza di dieci studiose che eccellono in campi disparatissimi: dall’astrofisica alla chimica, dalla botanica al- l’ingegneria dei terremoti, fino all’etologia degli scimpanzé. Donne differenti in tutto, ma accomunate dalla passione per il sapere e che operano ogni giorno ai confini della conoscenza nell’interesse di tutti noi».
A proposito di genere, emancipazione e parità. Come vede il futuro del ruolo della donna nella ricerca scientifica?
«Il futuro delle donne nella ricerca scientifica è qui e ora, è nelle migliaia di menti che, anche nel nostro Paese, sono pronte a cimentarsi nel campo della ricerca. Quel che possiamo e dobbiamo fare è rendere di dominio comune quanto migliaia di studiose già fanno. Raccontare non solo e non tanto le scoperte a cui giungono, ma anche le biografie di ciascuna e le domande che si sono poste nello strutturare le loro ricerche. Conoscere le studiose che vivono e lavorano nel nostro Paese credo sia lo strumento più valido per invogliare le giovani generazioni a cimentarsi in percorsi di studio impegnativi che, altrimenti, potrebbero considerare fuori portata. Nessuna di noi nasce scienziata; tutte siamo state studentesse e giovani studiose e, un passo dopo l’altro, tra fallimenti e conquiste abbiamo affermato le nostre competenze. Per sfondare il famoso “soffitto di cristallo” dei vertici dei luoghi di lavoro accademici, istituzionali e aziendali dobbiamo riconoscere che la priorità è staccarsi da un “pavimento appiccicoso”, frutto di retaggi sociali consci e inconsci, che ancor oggi impedisce a molte ragazze di spiccare il volo verso i traguardi personali e professionali desiderati».
