
Servizio di Davide Barile
ALBA Un olio delle Langhe da olive prodotte e frante ad Alba: presto sarà la realtà, nata dal progetto dei cugini Edoardo e Matilde Rinaldi, rappresentanti della quarta generazione dell’azienda che porta il cognome di famiglia.
Spiega Edoardo: «Questa settimana stiamo piantando quattro ettari di uliveto sopra la cantina Le Roche, che avevamo comprato in passato. L’impianto sorge dove, in precedenza, c’erano vigneti di Dolcetto, Barbera e Nebbiolo. Si tratta di un sorì, per cui l’esposizione è pienamente a Sud. In tutto, sono 1.200 piante: il quaranta per cento sono Frantoio, la cultivar che in Liguria è conosciuta come Taggiasca, il quaranta per cento Leccino, una varietà molto rustica e resistente al freddo, e il venti per cento Grignano, la più diffusa sul Lago di Garda».
L’idea dei giovani Rinaldi è «ripercorrere la via del sale al contrario. Quando fondò l’azienda, il mio bisnonno Alfredo andava in Liguria e scambiava vino, carni e grano con oli, acciughe e sale, per poi venderli porta a porta. Negli anni successivi abbiamo comprato la Raineri e, nell’Imperiese, abbiamo olivi e frantoi. Dalle Langhe, ci siamo espansi e raggiungiamo tutto il Nord Italia. Negli anni Novanta abbiamo acquisito la storica azienda Meriggio di Dogliani: per il centenario, lo scorso anno abbiamo rilanciato questo marchio, entrando nella grande distribuzione. L’olio prodotto a Santa Rosalia sarà proprio con l’etichetta di Meriggio».
L’idea di investire sulla produzione di olio in Langa «è un po’ pionieristica ma il clima, oggi, lo permette. Non siamo comunque gli unici, tutto attorno sta crescendo un movimento e ne siamo felici. Da anni a Santa Rosalia abbiamo cinque ulivi: ultimamente, sono più carichi che in Liguria. In generale, si tratta di una specie resistente, che patisce le gelate quando il termometro, come nel 2012, va a circa meno dodici gradi».
In autunno «impianteremo un altro ettaro e mezzo di uliveti, sempre in un appezzamento vicino. In tutto, avremo circa cinque ettari e mezzo a corpo unico più un mezzo ettaro staccato. Le piante messe a dimora sono di due anni: fra quattro anni, potremo già portare le olive al frantoio; fra sei entreremo nella piena produzione. Le lavorazioni sono simili al nocciolo, ogni anno le piante vanno potate e si trincia due volte. Abbiamo scelto un sesto d’impianto di sei metri tra le piante e sei metri tra le file, in modo da poter lavorare con comodità e garantire la massima qualità del prodotto. Date le forti pendenze, useremo i cingoli. I trattamenti serviranno principalmente per controllare la mosca dell’ulivo, pur considerando che, con le nostre temperature, più fresche rispetto ad altre aree, lo sviluppo è minore. Le piante, finché saranno giovani, andranno scosse a mano, in seguito potremo meccanizzare il passaggio. La raccolta avverrà tramite le reti da stendere».
Per fare un buon olio, «è fondamentale pure la fase successiva alla raccolta. Viaggi lunghi verso i frantoi della Liguria rischiano di far fermentare le olive nelle cassette: per tale motivo abbiamo intenzione, dove sorgeva la cantina, di realizzare un frantoio. Potrebbe diventare un punto di riferimento per tutti gli olivicoltori della zona».
La raccolta «avverrà a ottobre, le tre varietà maturano in tempi diversi. Ne deriverà un assemblaggio che renderà il nostro olio né troppo amaro né piccante ma dolce e bilanciato, caratteristiche più apprezzate al Nord. L’olio deve essere versatile e adattarsi come condimento a qualsiasi alimento. In media, ogni pianta dovrebbe produrre trenta chilogrammi di olive che genererebbero circa sei litri di olio. Sarà un prodotto di nicchia, siamo sicuri che l’indicazione Langhe in etichetta attirerà i clienti. Ci piacerebbe collaborare con il consorzio Albeisa per creare delle bottiglie apposite».
In Piemonte gli alberi di olivo sono circa 250mila
Pur trattandosi del maggior investimento per l’olivicoltura nella Langhe – ingente al punto da far strillare a un giornale che gli olivi arrivano «sulle colline del Barolo», un po’ di sensazione non guasta – oltre a quello di Rinaldi sono stati avviati, nel corso degli anni, altri progetti. A Murazzano, Ferdinando Principiano, barolista di Monforte, ha impiantato nel 2023 tre ettari di ulivi di due anni che dovrebbero iniziare a produrre a breve. Sempre a Santa Rosalia, un altro Rinaldi, l’enotecnico Massimiliano, coltiva un ettaro di vigneti e un ettaro di uliveti nella terra ereditata dal nonno. Il progetto è iniziato sedici anni fa con cento piante, ora salite a 240 e appartenenti a otto diverse varietà. Nel 2024 aveva presentato le sue bottiglie all’allora sindaco di Alba Carlo Bo.
Sempre ad Alba, a Madonna di Como, Michelangelo Foglia coltiva duecento piante accanto a pistacchi e Moscato destinato a divenire aceto balsamico. Il principale frantoio del Piemonte, finora, è a Trino Vercellese: gli olivicoltori locali si rivolgono qui o vanno in Liguria. In tutto, secondo il Consorzio per la tutela dell’olio extra vergine piemontese, attivo dal 2007 e diretto da Marco Giachino, gli ettari di olivo in Piemonte sono 350, per un totale di circa 250mila piante.
