Abitare il piemontese / La parola della settimana è Dzember

Dicembre, dodicesimo e ultimo mese dell’anno

Abitare il piemontese: la parola della settimana è Possacafé 23

ABITARE IL PIEMONTESE – Originariamente decimo mese del calendario romano (da decem, dieci), dicembre divenne il dodicesimo con il calendario giuliano. In epoca cristiana si arricchì di nuovi significati con il Natale, celebrato il 25 dicembre. Questa data fu scelta per sovrapporsi alle antiche feste pagane del Sol Invictus, simbolo della rinascita della luce dopo il solstizio d’inverno. La scelta simbolica è legata all’idea di celebrare la luce che vince sulle tenebre. Oltre a segnare l’ultimo periodo dell’anno, con dicembre completiamo il progetto di raccontare le sfaccettature di ogni mese, declinato nei significati culturali della civiltà piemontese. Ecco quindi alcuni proverbi della saggezza contadina.

S’o pieuv a santa Bibiana, a duȓa quaranta dì e na sman-a (se piove a santa Bibiana, dura quaranta giorni e una settimana) perché il 2 dicembre è “giorno di marca” dove sono previste piogge continue. Santa Barbara e san Simon, libeȓeme da ȓa lòsna e daȓ tron (santa Barbara e san Simone, liberatemi dal fulmine e dal tuono): i due santi, festeggiati il 4 dicembre, si auspica possano dare fine alle piogge continue.

Dicembre è, o comunque era, il mese in cui cominciava a scendere la prima neve. Fiòca dzambȓin-a, tre mais a confin-a (neve dicembrina, giace per tre mesi): secondo la tradizione, la neve che cadeva a dicembre durava almeno fino a febbraio, perché nel frattempo congela. A dzember o fioca sensa gelé, o vaȓ pëȓ ëȓ gran pì dëȓ liamé (se a dicembre nevica senza gelare, vale per il grano più del concime). Dzember gelà o va nen dëspȓesià (dicembre gelato, non va disprezzato): è un proverbio che suggerisce che un dicembre freddo e con gelate non è necessariamente un male, anzi, può essere visto positivamente per l’agricoltura o per il ciclo naturale delle stagioni.

In un batter d’occhio si arriva al periodo più desiderato e importante del mese, il Natale. Mëssa ‘d mesaneuc sansa lun-a, chi o ȓ’ha tre vache, ch’o no vanda un-a (messa di mezzanotte senza luna, chi ha tre vacche ne venda una): la notte di Natale senza luna è segno di un’annata difficile che costringe a vendere il bene più prezioso di una famiglia contadina per tirare avanti. Quando una situazione svanisce in breve tempo, si dice ch’a duȓa da Natàl a San Stevo, mentre quando la durata è eccessivamente lunga, si dirà ch’a duȓa da San Stevo a Natàl, ovvero praticamente un anno.

Paolo Tibaldi 

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