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Per Maggi potremo innescare innovativi circoli virtuosi

Per Maggi potremo innescare innovativi circoli virtuosi

L’INTERVISTA  Maurizio Maggi è un noto ricercatore di Ires Piemonte, l’istituto di ricerche economiche e sociali che da anni studia con grande attenzione i movimenti della comunità regionale. A lui chiediamo un’opinione su quanto il caso coronavirus ha inciso e se siamo a una svolta.

Dalla nostra ricerca emerge uno stato psicologico molto delicato da parte delle persone, un morale basso.

Che cosa ne pensa, Maggi?

«Una reazione indicativa dello stato psicologico collettivo è quella mostrata dalle associazioni di categoria – per esempio Confindustria – nelle ultime settimane. Le richieste fatte al Governo non sono state coerenti, ma sovente contraddittorie. Alcuni esigevano immediate aperture, altri maggiore cautela. È come se esistesse uno stato mentale caotico e mutevole. Non parlo d’insoddisfazione, perché le rivendicazioni e le richieste verso i politici sarebbero state più che legittime. Parlo invece di bisogni non chiari, che cambiano rotta con estrema velocità».

Qual è invece lo stato d’animo delle persone, dei negozianti, dei lavoratori e anche delle famiglie?

«Molti sono confusi non tanto per l’assenza di linee guida o per la mancanza di autorizzazioni rispetto alle aperture delle attività. Piuttosto, circola la paura riguardo al futuro lavorativo: pensiamo a bar e ristoranti. Molti esercenti si domandano se la gente frequenterà ancora i loro locali. I dehors o gli interni non potranno garantire il distanziamento sociale a causa dei limiti fisici spaziali, se non riducendo di parecchio numero di coperti e incassi. Cosa ne sarà della vita lavorativa di queste persone? Molti gestori sono davvero disperati, temono di non riaprire più l’attività».

Quali sono le sfide del futuro, a suo avviso?

«Innanzitutto la mobilità. Negli ultimi anni si stava puntando molto sulla sensibilizzazione verso le persone, tentando di convincerle ad abbandonare le auto per prediligere i mezzi pubblici. Oggi treni e bus diventano poco pratici a causa delle norme sul distanziamento. Forse, bisognerà puntare su monopattini e biciclette come metodo di spostamento ecologico e pratico per tutti. Il bonus fino a 500 euro predisposto dal Governo per l’acquisto di biciclette, anche elettriche, e monopattini procede in questa direzione».

Un’altra sfida riguarderà la scuola.

«Esistono luoghi in cui gli assembramenti saranno obbligati, come appunto la scuola o i ristoranti. Dal punto di vista pedagogico, fino al liceo la cosiddetta lezione orizzontale, ovvero in classe e con la presenza fisica di insegnanti e compagni, è fondamentale. Sarà interessante capire come si potranno gestire gli spazi e la convivenza».

Molti si domandano quanto durerà tutto questo: la nuova vita di distanziamento, precauzioni, accorgimenti protettivi dal contagio.

«I più ottimisti parlano di 18 mesi o due anni, secondo altri questa situazione non finirà mai».

Che cosa intende dire?

«Tornare alla normalità di prima non solo è impossibile, ma anche indesiderabile. Molte cose non funzionavano: questa epidemia ha semplicemente accelerato i processi di cambiamento sociale ed economico già in atto».

È ottimista o pessimista?

«Alcuni elementi mi fanno essere molto pessimista: il grande numero di persone che sono morte a causa del virus, il fatto che probabilmente molte attività economiche falliranno. Sono invece ottimista per il fatto che potremo utilizzare questa congiuntura per innescare circoli virtuosi di cambiamento. Pensiamo solo allo smart working, una modalità funzionale e trasformativa del lavoro tradizionale. Una percentuale compresa tra il 20 e il 30 per cento dei lavoratori, in futuro, potrà usufruire di questo strumento, con vari vantaggi».

r.a.

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