La Chiesa si prende cura dei suoi figli accompagnandoli nelle loro difficoltà

La Chiesa si prende cura dei suoi figli accompagnandoli nelle loro difficoltà

INTERVISTA Con don Franco Ciravegna, vicario episcopale per la vita consacrata della diocesi di Alba e docente di teologia morale, parliamo di omosessualità.

Oggi, qual è la posizione della Chiesa riguardo all’omosessualità?

La Chiesa si prende cura dei suoi figli accompagnandoli nelle loro difficoltà 1«La Chiesa è convinta che solo guardando alla grandezza della persona si possono individuare e ordinare alcuni aspetti della propria vita che rischiano di essere vissuti in modo ridotto e autoreferente. Di fronte alla persona omosessuale, occorre sempre distinguere tra orientamento e atto. La persona non sarà responsabile dell’orientamento omosessuale che scopre in sé, ma di ciò che fa di fronte a esso. La Chiesa, madre e maestra, ha il compito di aver cura dei suoi figli illuminandoli e guidandoli anche in questo ambito».

Esiste una pastorale specifica e in cosa consiste?

«La pastorale accompagna sempre la persona a compiere un cammino di verità. La Chiesa, alla luce del suo insegnamento, offre il cammino della gradualità pastorale. È decisivo aiutare la persona a impostare il problema nel contesto giusto: quello di una visione cristiana della vita. In questo ambito la gratificazione sessuale non è indispensabile per la vita riuscita e non è l’unica sorgente di speranza umana. È importante accompagnare queste persone, anche con il supporto di esperti, a guardare con serenità al valore di una vita casta».

Che cosa pensa del disegno di legge Zan e che cosa dovrebbe essere modificato?

«Manifesta buone intenzioni. Occorre però notare che la lotta alla discriminazione non sembra argomentata in modo corretto. Rileggendo il testo sembra che le misure di contrasto alla discriminazione siano il centro dell’attenzione; in realtà si configurano come una cornice dentro cui occorre individuare il nucleo centrale della proposta che in realtà si vuole far passare: la posizione ideologica di superare la differenza sessuale uomo-donna a favore delle identità sessuali e di genere soggettivamente percepite».

Il problema della discriminazione e dell’omofobia è sentito in diocesi?

«La diocesi fa propria la sensibilità di tutta la Chiesa sulla discriminazione e l’omofobia. Va deplorato con fermezza che le persone omosessuali siano state e siano ancora oggetto di espressioni malevole e di azioni violente. Tali condotte rivelano una mancanza di rispetto per gli altri, lesiva dei principi elementari su cui si basa una sana convivenza civile».

Come l’amore omosessuale può essere valorizzato in una prospettiva cristiana?

«Vivere l’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità; dedicare integralmente la propria vita a Cristo attraverso il servizio agli altri; aver cura della vita di fede; promuovere uno spirito di comunione affrontando insieme i problemi dell’omosessualità; essere consapevoli della verità che le amicizie caste contribuiscono a restituire all’amore la sua vera identità: la libertà dall’egoismo per un vero dono di sé».

Gli atti omosessuali, anche quelli tra coppie con lunga stabilità affettiva, vanno sempre e comunque considerati “intrinsecamente disordinati”?

«Circostanze come la lunga stabilità affettiva della relazione omosessuale non cambiano in bene ciò che è in sé male. Per passare dal disordine all’ordine secondo Dio occorre entrare nel suo orizzonte più ampio attraverso la conversione che è un invito per tutti, non solo per le persone omosessuali».

Crede che un atteggiamento diverso da parte della Chiesa possa indurre coloro che oggi sono decisamente lontani a guardare con maggior attenzione a un percorso di fede?

«La Chiesa è chiamata a educare alla responsabilità, indicando la via di Dio non come costrittiva, ma attrattiva ed esigente. La fatica in questo specifico campo della sessualità non deve portare allo scoraggiamento, ma alla fiducia in un cammino che non è opera soltanto delle nostre personali forze, ma soprattutto della grazia che viene dall’amore di Dio. La Chiesa indica la legge della gradualità pastorale aiutando a riconoscere che gli insuccessi, lungi dal portare allo scoraggiamento, devono spingere a riprendere il cammino con più umiltà e speranza».

Walter Colombo

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