De-generi: un collettivo albese contro le oppressioni

De-generi: un collettivo albese contro le oppressioni

ASSOCIAZIONI De-generi: è il nome del collettivo nato nel 2015 ad Alba, con l’intento di combattere ogni forma di discriminazione basata sul genere e non solo. Sono una quindicina le persone coinvolte direttamente nell’organizzazione, ma il numero di coloro che gravitano attorno al collettivo è molto più elevato. Ne parliamo con Maddalena Marchetto, che interviene in rappresentanza di tutti i componenti di De-generi.

Se torniamo indietro al 2015, che cosa vi ha spinti a fondare il collettivo?

«Era un periodo in cui il dibattito sul cosiddetto gender era particolarmente acceso, soprattutto in ambito educativo e formativo. Avvertivamo già singolarmente l’urgenza di cambiare il discorso pubblico sul tema: quando anche ad Alba hanno preso piede le manifestazioni delle Sentinelle in piedi – che si opponevano alla “teoria del gender” promuovendo idee omotransfobiche – si è creato il primo movimento, tra passaparola e Facebook, per organizzare delle contromanifestazioni e la volontà di incontrarci e immaginare un percorso continuativo è stata immediata».

Oggi che realtà rappresenta il collettivo?

«Abbiamo sempre cercato di lavorare su diversi piani, dall’informazione all’aggregazione, dalle manifestazioni alla formazione. Tramite i nostri canali social cerchiamo di promuovere un’informazione corretta sulle questioni di genere, ma non solo. Ci interessa trasmettere una prospettiva attenta alle molteplici forme di oppressione e discriminazione, agli intrecci tra genere, razza, classe sociale, salute fisica e mentale e disabilità, per esempio. Nella stessa ottica, abbiamo creato una piccola biblioteca itinerante. Organizziamo autoformazioni e laboratori aperti a tutti e tutte, oltre a eventi come Prospettive, che a luglio vedrà la sua quinta edizione. A questo si aggiunge la partecipazione o l’organizzazione diretta di manifestazioni politico-culturali di ampio impatto, come nel caso dei Pride 2017 e 2018. Lo scorso anno, poi, abbiamo attivato uno sportello di ascolto anonimo e gratuito, telefonico e via chat, rivolto principalmente a giovani Lgbtiqa+».

Avete incontrato difficoltà a muovervi nel contesto cittadino e territoriale albese?

«Le relazioni con il contesto in cui ci troviamo sono varie: riceviamo grande sostegno e appoggio da moltissime realtà e da persone singole, che ci riempiono di energia e stimoli. La motivazione nasce però anche dalle reazioni ostili, che ci danno la misura della strada che c’è ancora da percorrere: non sono mancate e non mancano prese di posizione esplicite contro le nostre attività. Molto spesso ci sono stati negati spazi o locali; e altrettanto spesso ci è stato impedito di portare a termine progetti già concordati e avviati».

In base alla realtà che vivete, quanto è presente oggi il problema della discriminazione di genere?

«Riguardo alla realtà di oggi, i dati e le nostre esperienze parlano chiaro: le discriminazioni sono ancora numerose e si dispiegano negli ambiti più diversi, dalla scuola al posto di lavoro, dagli spazi pubblici ai servizi sociosanitari. Parliamo di un lungo elenco di problemi quotidiani che sono costretti ad affrontare le persone Lgbtiqa+: battutine, che in realtà sono vere e proprie microaggressioni, bullismo e cyberbullismo, linguaggio escludente, hate speech, insulti e molestie per strada e nei luoghi pubblici, discriminazioni nella ricerca di casa e lavoro, scarsa considerazione in ambito medico, difficoltà e impedimenti legali e burocratici, minacce e molto altro».

Dal vostro punto di vista, qual è la strada da percorrere per arrivare a una società davvero libera da qualsiasi forma di discriminazione?

«Ce lo chiediamo costantemente, ma sicuramente non c’è un’unica risposta. Ci sono tante azioni possibili, tutte necessarie. Più che la strada esclusivamente punitiva dei comportamenti discriminatori, riteniamo piuttosto che sia utile la promozione di una cultura diversa, per esempio tramite fondi o supporto pratico ai gruppi attivisti che lavorano su questi temi, facilitandone l’accesso alle scuole e agli spazi pubblici. Oltre a ciò, riteniamo che siano importanti una formazione costante e approfondita per chi lavora in campo educativo, sociale e sanitario, così come nel campo della comunicazione. Riteniamo altrettanto fondamentale la rimozione delle barriere legali che impediscono di compiere scelte sul proprio corpo e la propria identità. Noi, nel nostro piccolo, tentiamo di fare quello che riteniamo giusto secondo le nostre possibilità, sapendo che metterci in discussione e continuare a interrogarci è l’unico modo per trasformarci e crescere».

Francesca Pinaffo

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