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Revenge porn: l’invidia o la superficialità può anche portare al suicidio la vittima colpita

Revenge porn: l’invidia o la superficialità può anche portare al suicidio la vittima colpita

L’APPROFONDIMENTO Il desiderio di distruggere o di danneggiare una persona perché vorremmo essere come lei e non possiamo ci porta ad attaccarla e punirla. Un esempio di questo meccanismo è il revenge porn, ovvero la diffusione di immagini sessualmente esplicite allo scopo di umiliare o ferire la vittima.

Nella maggior parte dei casi si tratta di un atto perpetrato da maschi verso femmine e coinvolge adolescenti o adulti fino ai 50 anni. Talvolta il revenge porn viene agito non a scopo nocivo, ma ad esempio per vantarsi con gli amici (mostrando le proprie conquiste sessuali), per semplice leggerezza, per imprudenza oppure per emulazione.

Cosa accade nel concreto? Solitamente il processo comincia con due persone che condividono un momento di intimità e lo immortalano con foto o video per puro gioco e divertimento. In un secondo momento uno dei partner carica questi contenuti su Internet o li condivide su chat private. In questo modo video e immagini diventano proprietà collettiva, distribuite potenzialmente a migliaia di utenti che, maneggiano questo materiale oggettificandolo: commentano, condividono, insultano, deridono, giocano con l’immagine della vittima. Non è importante il numero di persone che visualizzano i contenuti: il processo di violazione dell’intimità e mercificazione del corpo per la vittima può essere devastante anche se riguardasse un piccolo gruppo di compagni di classe. Vergogna, umiliazione e senso di colpa sono solo alcune delle conseguenze.

L’atto aggressivo assume molteplici sembianze. Secondo una ricerca di Cyber civil right initiative, il 49% per cento delle vittime ha dichiarato di aver subito molestie on-line da utenti che avevano avuto accesso al loro materiale privato. Inoltre, il 59% delle vittime ha visto condiviso il proprio nome completo, il 16% il proprio indirizzo e il 20% il proprio numero di cellulare. Come conseguenza, il 93% dei bersagli di revenge porn ha dichiarato di aver vissuto un forte stress a livello emotivo e psicologico, l’82% ha sofferto danni in termini sociali e occupazionali, il 34% ha assistito alla compromissione delle proprie relazioni familiari, il 38% di quelle amicali e il 13% di quelle sentimentali. Moltissimi sono i casi di suicidio o tentativo di suicidio.

Maria Delfino

INCHIESTA: Una prigione invisibile

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