La barbarie della propaganda e l’ipocrisia del negazionismo

Don Antonio Sciortino
Don Antonio Sciortino

ALBA “Quid est veritas?”. Che cos’è la verità? Se lo chiedeva Pilato, durante l’interrogatorio a Gesù. Se lo chiede ancora oggi, in contesti diversi, ciascuno di noi. Facendo fatica a trovare una risposta. Soprattutto di fronte a fenomeni complessi. Tra questi, l’immigrazione. Alla ribalta, a ogni ora del giorno, su giornali e Tv. Ma anche nel Paese. Spaccato tra chi vorrebbe accogliere tutti. E chi invoca la linea dura. Quella dei porti chiusi e dei respingimenti. Lasciando donne e bambini, per giorni, su barche in balia del mare. E sotto un sole cocente. Senza acqua e cibo. Corpi stremati e disidratati. Violentati più volte. In Libia, reclusi e stuprati. Davanti alle nostre coste, umiliati da un insopportabile cinismo. Una vera ossessione per il neoministro dell’Interno, che ormai non s’occupa d’altro. Con incasso di consensi in crescita. Nell’attesa del pienone alle Europee, che sono dietro l’angolo. Tra un anno circa.

Ma a essere vittima, di tutta questa vicenda, è anche la verità. Scalzata dalla mistificazione. E da ideologie, che pensavamo tramontate. Per sempre. Verità che i mass media manipolano. E di frequente. Sui migranti, sempre e solo, un quadro in negativo. O parziale. Una sola facciata della medaglia. Sempre la stessa. Quella dell’emergenza, del pericolo e della delinquenza. Luoghi comuni e stereotipi. Senza luci, che pur ci sono. E mai un accenno di umanità. E di solidarietà tra popoli.

Cattiva informazione, che suscita sentimenti xenofobi. E, nella gente, percezioni errate. Lontane dalla realtà. Come quelle, evidenziate da una recente indagine, sul Corriere della sera del 9 luglio scorso. “Il problema dell’immigrazione”, ha detto Alberto Alesina, uno dei curatori, “andrebbe affrontato con la massima chiarezza sui fatti: avviene, invece, esattamente il contrario… La disinformazione è enorme”. “Barbarie della propaganda e della calunnia”, ha aggiunto lo scrittore Sandro Veronesi. Così, gli italiani pensano che gli immigrati, nel nostro Paese,  siano il 30 per cento della popolazione. Contro il dieci per cento reale. Una sovrastima spropositata! Allo stesso modo, sono convinti che siano quasi tutti musulmani. Percezione smentita dai dati. Il sessanta per cento sono cristiani. E solo il trenta musulmani. Tra l’altro, a chi protesta contro i musulmani, che vogliono distruggere il cristianesimo in Occidente, va ricordato che il “lavoro sporco” è già stato fatto. Ma da noi stessi. Dai cosiddetti “bravi” cristiani che hanno svuotato il Vangelo di Gesù. Quello dell’accoglienza e della misericordia.

Altre ricerche mostrano, con evidenza, che non c’è correlazione tra immigrazione e aumento della criminalità. Del resto, in Italia, i crimini sono in netto calo. Ciò nonostante,  c’è chi fomenta la disinformazione. Per dare addosso allo straniero. Sempre. E sbatterlo in  “prima pagina”. O darlo in pasto alla Rete. Lasciando che sia seppellito da una valanga di insulti. Davvero indicibili. E di fake news. Quando il “mostro” è un connazionale, si tace. E, purtroppo, capita di frequente. È un’ideologia miope, che travisa i fatti. E non si arrende neppure di fronte a dati certi. E fin troppo evidenti. Come quelli che il presidente Inps, Tito Boeri, ha snocciolato in Parlamento. Evidenziando l’apporto degli immigrati alla ricchezza del Paese. Otto miliardi di contributi. Ricevendo, di ritorno, cinque miliardi in servizi. Un saldo positivo, tutto a nostro favore. Ma chi pratica il “negazionismo economico”, fatica ad ammetterlo. Per non dire del contributo demografico. Da anni si nega la cittadinanza ai “nuovi italiani”. Quei bambini,  figli di immigrati, nati sul nostro territorio. Che parlano la nostra lingua. E persino i dialetti. Una speranza per il futuro. Fatti crescere, però, con sentimenti ostili al Paese che amano. Paradossi della politica.

Un esempio è quello di Monfalcone, in provincia di Gorizia. Dove il sindaco ha emesso una singolare ordinanza. Nelle scuole dell’infanzia, la presenza degli  stranieri non deve superare il 45 per cento. Così, sessanta bambini dovranno “emigrare” nei paesi vicini. Stessa sollecitudine, però, non c’è stata per i cantieri navali della città. Dove quasi tutti i lavoratori sono stranieri. Lavoro duro. E non sempre ben pagato. Ma qui la percentuale “razzista” non si applica. Gli stranieri servono. Due pesi e due misure. Pura ipocrisia.

Effetto di un Paese, dove tra i poteri dello Stato è in atto un cortocircuito. Con continue interferenze e invasioni di campo. Fino a sfiorare la crisi istituzionale. Ci si scontra sull’accoglienza e sugli immigrati. Ma anche sui porti chiusi alle navi dei soccorritori. E persino ai mezzi della Marina militare. A mascherare un vuoto. E una  grande “debolezza”. Quella di chi è, o dovrebbe essere, garante dell’indirizzo d’azione del Governo. Oltre che dell’unità tra i vari ministeri.  Quel  “premier ignoto”, come l’ha definito qualcuno. O “cerimoniere” di volontà altrui. In particolare dei Dioscuri. In perenne concorrenza tra loro. Bulimici di presenza mediatica, più che di buon governo. Ma ciò non giova al Paese. Tanto meno all’immagine dell’Italia nel mondo.

E c’è, poi, una sorta di malattia, che sembra contagiare tutti. Un’eurodeputata straniera l’ha definita  “salvinite acuta”. Bisogna riconoscerlo: il ministro dell’Interno ha dato una scossa all’Europa. E anche a una certa ipocrisia di chi fa la morale all’Italia, ma non muove un dito in nostro soccorso. C’è, però, una questione di fondo. Che non è solo di stile. Troppe contraddizioni. E tante le provocazioni, che rischiano l’effetto boomerang. Il Paese è sempre più isolato e guardato con diffidenza. E non solo in Europa. Al ministro dell’Interno tutto sembra lecito. Nelle parole e nei gesti. Spesso oltre misura. Nel nome del popolo, cui si appella di continuo. Che ha dato un ampio consenso. Da qui la pretesa di interferire su tutto. E dettare ordini anche alla magistratura. Quella trapanese nella circostanza. Per far scendere, dalla nave Diciotti, due o tre immigrati con le manette ai polsi. Accusati d’aver minacciato l’equipaggio. Gesto di disperazione senz’altro, per la decisione d’essere riportati in Libia. L’immagine di immigrati con le manette ai polsi  sarebbe stato uno spot mondiale. Per la felicità di Orbàn, di Marine Le Pen. E  degli amici di Visegrad. Una consacrazione. Un monito, a perenne memoria. Come il cappio che, anni fa, colleghi dello stesso partito del ministro agitavano in Parlamento.

È vero, la sovranità appartiene al popolo. Nessuno può metterla in discussione. Ma la si esercita “nelle forme e nei limiti della Costituzione”. Come recita l’articolo 1. Cioè, nel rispetto e nell’equilibrio tra i diversi poteri. Garantendo tutti. Opposizione inclusa. O, al momento, quel che resta dell’opposizione. Che è evaporata di suo. È, questa, la forza della democrazia. Un freno alla voglia di autoritarismo. O alla resa dei conti. Come quella che si percepisce nel Paese. Una brutta aria. Tra pressioni e minacce di varia natura. Dai licenziamenti di “servitori” dello Stato,  alla scorta che si vorrebbe togliere a Saviano. O  al bavaglio alla stampa non allineata. Come vorrebbe Casalino, quello del Grande fratello. Assurto a gran cerimoniere della comunicazione di Palazzo Chigi. Che ha auspicato la chiusura di un giornale. Proclami e avvertimenti non nuovi contro la stampa. Sulla scia del “Grillo parlante”, capo indiscusso del Movimento 5 stelle. Alla protesta indignata dei giornalisti, Casalino se l’è cavata dicendo che “era solo una battuta”. Sì, una battuta d’arresto alla libertà d’espressione, garantita dalla Costituzione.

Da anni, chi vince le elezioni si impossessa dello Stato. E lo gestisce in modo padronale. Come fosse un bene privato. E non di tutti. S’è smarrito quel “galateo istituzionale”, che garantiva all’opposizione la presidenza di una delle due Camere del Parlamento. Tradizione finita, quando il Paese fu considerato e gestito come un’azienda di famiglia. Con un imprenditore diventato premier. Dopo tanti sacrifici per ricostruire il Paese, tocca assistere oggi a chi lavora per sfasciarlo. E demolirlo. Inevitabile, se a prevalere è l’insofferenza verso lo Stato di diritto. La democrazia è a rischio. E questa non è una fake news.

Antonio Sciortino

già direttore di Famiglia Cristiana  e attualmente direttore di Vita Pastorale

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