L’esercito degli artigiani

Miglioramenti? Segnali ambivalenti, mai risolutivi. Il Piemonte stagna sulla linea di mezzeria, titubante nel lasciare alle proprie spalle la recessione economica: l’annuncio di un lieve miglioramento, perlomeno nel settore dell’artigianato, arriva il 13 aprile da Torino, dove l’assessore allo sviluppo economico Massimo Giordano dà conto dei dati. Ma il traguardo è ancora lontano.

Come andiamo si capisce dal quadro generale. Il Prodotto interno lordo piemontese nel 2009 era diminuito del 5,8 per cento, soprattutto a causa di una contrazione delle esportazioni, pari al 22 per cento. Nel 2010 gli indicatori statistici hanno conosciuto un lieve miglioramento: il Pil è aumentato dell’1,3 per cento, in linea col dato nazionale, e la contrazione degli occupati si è rivelata più contenuta (16 mila persone). D’altro canto, il tasso di disoccupazione è al 7,6 per cento – il più elevato tra le regioni del Centro-Nord – e la cassa integrazione si è incrementata del 12 per cento, con un totale di 185 milioni di ore utilizzate.

Dati che dipingono situazioni precarie, traballanti di un’indeterminatezza destinata a proseguire, dicono le proiezioni, pure nel 2011. Sul fronte dell’artigianato le cose pare vadano meglio. Si rileva un calo della percentuale d’imprese che hanno segnalato una diminuzione relativa a domanda, fatturato e occupazione, mentre si è incrementato il numero delle situazioni stazionarie: il 54,6 per cento delle imprese ha superato il 2010 con un fatturato stabile, l’83,2 per cento ha stabilizzato gli occupati.

Il settore artigiano che presenta i negativi di fatturato più allarmanti è quello delle riparazioni (-19,2 nella seconda parte del 2010: nel primo semestre si attestava addirittura su un -33 per cento), quello con la maggiore diminuzione degli occupati è il settore costruzioni (-3,6 per cento, era a -7,7 per cento nel primo semestre). Dati, comunque, in tendenziale miglioramento se concepiti all’interno della dinamica 2009-2010.

Le previsioni relative al semestre in corso smorzano parte degli entusiasmi: si contrae il numero di ottimisti sugli andamenti dell’economia regionale e sulle oscillazioni del fatturato, mentre solo il 29,7 per cento dichiara di avere in programma investimenti per i prossimi mesi. Percezione dello stato dell’arte e slancio evolutivo rappresentano, del resto, atteggiamenti psicologici in grado di preconizzare i futuri andamenti economici di qualsiasi microsistema.

 

infografica economia-artigiani

 

Per il 2011, va bene solo il settore metalmeccanico (+2,2 per cento sulla domanda e +1,9 per cento sull’occupazione), ambivalente appare il comparto trasporti (-16,9 per cento sulla domanda, ma + 3,1 per cento sull’occupazione), male il settore riparazioni (rispettivamente -14,4 e -1,4 per cento) e costruzioni (-9,3 per cento e -0,7 per cento). In decremento si rivela pure il numero di industrie operative nei settori metalmeccanico, riparazioni e trasporti.

Quanto a Cuneo, se nel primo semestre 2010 il fatturato delle imprese artigiane era diminuito del 31,2 per cento, nel secondo semestre dello stesso anno si è assistito a una contrazione “solo” del 9,2. Evidente e tuttavia non sufficiente, il progresso. Quanto al numero delle imprese operative in Granda, si rileva un tendenziale miglioramento: se nel 2000 il totale ammontava a 19.047, nel 2010 superava quota 24.000, con un incremento percentuale di oltre il 7 per cento. Cifre positive, che collocano Cuneo su versanti più morbidi rispetto alla stridente e controversa situazione economica regionale. L’impressione è d’essere al cospetto di un organismo combattivo e ostinato nello slancio alla crescita, ma insabbiato in fanghi venefici, derivati da strutture (più che da contingenze) malate: come ricordano gli analisti, la pretesa di perseguire una progressiva ascesa economica è velleitaria. Servono strategie alternative al metodo “capitalistico quantitativo” per fronteggiare la recessione, a costo di dilazionare nel tempo il raggiungimento dei traguardi e di investire a lungo termine.

Matteo Viberti

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