Un poker per uscire dalla crisi

L’angoscia sociale si declina nei comportamenti individuali secondo forme curiose, alcune esplicite altre meno. Quella del gioco d’azzardo, ad esempio: nel 2010, parossismo della recessione economica, il numero di persone che hanno scommesso denaro on-line è aumentato del 28,2 per cento rispetto all’anno precedente.

Il motivo è semplice: secondo un’indagine dell’Associazione europea disturbi da attacchi di panico (Eurodap) effettuata a fine luglio su un campione di 300 soggetti, cinque italiani su dieci valutano il gioco d’azzardo come concreta opportunità per uscire dalla povertà.

L’illusione di “riscatto” dalle prepotenze della quotidianità è trasversale dal punto di vista anagrafico: giovani, adulti e anziani sono a rischio dipendenza, dicono le associazioni e gli operatori sanitari attivi nel settore.

I dati. Secondo le recenti stime dell’Eurispes, in Italia circa 700 mila persone soddisfano i criteri diagnostici per dipendenza da gioco d’azzardo. Si tratta per l’85 per cento di uomini, il 51 per cento dei quali avrebbe un’età compresa tra i 40 e i 50 anni, il 22 per cento tra i 50 e i 60 anni e il 6 per cento oltre i 60.

Tuttavia, le nuove generazioni non sono immuni al pericolo: il numero di “piccoli giocatori” è in costante incremento, e le proiezioni per l’avvenire sono poco rassicuranti. Dallo scorso 18 luglio, infatti, il poker on-line, in particolare la modalità cash (ovvero la possibilità di puntare soldi a ogni mano: prima era consentito solamente scommettere una somma fissa di denaro prima della partita) è diventato legale.

Si tratta di una manovra governativa finalizzata ad aumentare gli introiti erariali, ma un potenziale pericolo per tutti quei soggetti deboli e vulnerabili.

Pazienti. Si calcola, per concludere con i dati, che l’80 per cento della popolazione adulta giochi o abbia giocato d’azzardo con una spesa media pro capite pari a circa mille euro. In una situazione di precarietà economica i rischi sono evidenti non soltanto per i bilanci domestici, ma pure per la sanità nazionale, dal momento che i pazienti “dipendenti” sono in costante aumento.

Dal punto di vista psicologico, infatti, le conseguenze del gioco compulsivo interessano la sfera affettiva, quella cognitiva e quella comportamentale, con i relativi risvolti sulla vita lavorativa, interpersonale e familiare. Inoltre, durante la “partita” può emergere uno stato di dissociazione dalla realtà – visibile nell’atteggiamento assorto e totalmente coinvolto del giocatore – pericoloso, talvolta causa di imprudenza ed euforico senso di onnipotenza.

Ad Alba. Con la legalizzazione del poker virtuale le possibilità di “deriva”, dunque, si moltiplicano, sommandosi a tutti quei contesti reali già presenti sul territorio nazionale, come i casinò e le case da gioco. Un’espansione che si trascina dietro lo spettro della criminalità organizzata: tradizionalmente, infatti, l’usura e il riciclaggio attecchiscono su terreni caratterizzati da scarso controllo istituzionale, vulnerabilità degli utenti e dalla circolazione di ingenti quantità di denaro.

Secondo il consigliere regionale dell’Italia dei valori, Tullio Ponso (vedi intervista sotto), pure Alba non è esente dal rischio: si tratta, come sempre, non tanto di arginare il problema tramite politiche di sorveglianza e restrizione, quanto di comprendere e risanare i processi emotivi profondi che sottostanno allo sviluppo di queste nuove patologie.

Matteo Viberti

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