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Ai giovani “cattivo” lavoro

Lucilla Ciravegna, responsabile del Centro per l’impiego, lamenta una scarsa qualità del lavoro nella provincia, pur tra le migliori nelle classifiche occupazionali. Intanto arriva il blocco dei tirocini.

Niente di troppo consolante. Nonostante le basse percentuali della Granda nella lista nera della disoccupazione giovanile stilata di recente da Confartigianato (ne abbiamo parlato la scorsa settimana), essere tra quelli piazzati “meno peggio” non dovrebbe inorgoglirci.

A metterlo in evidenza è la responsabile del Centro per l’impiego albese Lucilla Ciravegna. «La qualità del lavoro è comunque scarsa, a partire dalla sua stabilità, il che comporta grandi difficoltà nella progettazione della vita, con tutte le inevitabili conseguenze negative economiche e sociali», spiega, citando l’esempio dell’85% dei nuovi contratti in città, a tempo determinato. È sempre più difficile, inoltre, trovare una corrispondenza tra il proprio titolo di studio e l’attività che il mercato può offrire. «Così i ragazzi si trovano di fronte a un bivio», continua, «possono abbassare le proprie aspettative, accontentarsi e magari rinunciare a mettere a frutto le proprie competenze, oppure andare all’estero».

Incredibile ma vero, queste cose succedono anche a Cuneo che, col suo timido 5,7% di disoccupazione giovanile, è pure da considerarsi un’isola felice. «Una percentuale che non è comunque trascurabile», dichiara Ciravegna, la quale ha qualche consiglio da dispensare a chi aspira al lavoro: «Le aziende apprezzano le conoscenze trasversali, dall’associazionismo al volontariato in un Paese estero. Sono pochi poi quelli che a un colloquio riescono a dimostrare interesse per la lettura e che si informano con un quotidiano cartaceo».

Due assi nella manica, che vanno al di là del titolo di studio, ormai sempre più ambizioso, altisonante e, spesso, astratto. «C’è quest’idea fissa del lavoro teorico», riflette. «Le nuove generazioni necessitano di un cambiamento culturale nel loro rapporto con il lavoro, al fine di trovare opportunità che esistono, ma non risultano appetibili: bisogna ridare dignità alle professioni manuali e al grande contenuto di sapere che esiste nel lavoro manuale di qualità».

Quanto alle aziende, «dovrebbero accettare con maggiore sforzo i minorenni, è l’unico modo per permettere loro di accumulare esperienza». Un tema molto caro al Centro per l’impiego, così come all’Informagiovani; sono stati 250, da giugno, i tirocini formativi organizzati nella zona albese e braidese. Un’esperienza unica per i ragazzi, che vivono sulla propria pelle la realtà lavorativa di cui vorrebbero far parte e possono così prendere una decisione consapevole riguardo al loro futuro; giocando bene le proprie carte, trovano proprio così un impiego.

Ma al ritorno dalle vacanze, studenti e impiegati del Centro per l’impiego hanno trovato una brutta sorpresa sulla scrivania: si tratta del decreto legge 138 del 13 agosto, che stabilisce: «I tirocini formativi e di orientamento non curriculari non possono avere una durata superiore a sei mesi, proroghe comprese, e possono essere promossi unicamente a favore di neodiplomati o neolaureati, entro e non oltre dodici mesi dal conseguimento del relativo titolo di studio». Una disposizione che ha lasciato gli enti in balia di dubbio e stupore e che non aiuta certamente i tanti laureati a casa da tempo. Per non parlare degli studenti universitari che abbandonano le aule in cerca di lavoro, ora privi di una delle poche possibilità di inserimento.

Chiara Cavalleris

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