APRO: Barolo il castello della baruffa

Per Apro formazione, la scuola professionale di via Castelgherlone, potrebbe essere giunta la tappa finale: con l’assemblea riunita il 12 marzo il presidente del Consiglio di amministrazione Olindo Cervella ha sondato l’umore rispetto all’intenzione di “tagliare” il settore alberghiero al castello di Barolo. Si taglierà. Arroventati i pregressi: Cervella, dopo l’estate 2011, si è trovato al timone di una realtà in perdita di quasi un milione di euro. Le cause erano state individuate nella scelta di far partire la scuola di alta cucina a Barolo e in storici errori gestionali, azzardi e vicende di cui si occupa pure la Procura di Alba. Le magagne sono state parzialmente risolte grazie all’azzeramento dei compensi del Consiglio di amministrazione (100 mila euro), alla riduzione dei dipendenti (da 92 a 84), alla soppressione del servizio di ristorazione ad Alba, con altro taglio del personale.

Ma il 12 marzo qualcosa è andato storto. Come ha spiegato Cervella, «il 65 per cento dei soci presenti ha votato “sì” alla dismissione delle attività di Barolo, gli altri si sono astenuti o si sono detti contrari». Tra i “dissidenti”, spicca il Comune di Barolo, a cui Apro, peraltro, non ha pagato l’affitto del castello. Cervella: «Barolo ha previsto lo sfratto a gennaio. Da una parte siamo in debito, dall’altra siamo in credito, perché Apro avrebbe diritto a chiedere le “addizioni” per le opere di miglioria realizzate. Abbiamo comunque accettato lo sfratto. Perciò, non comprendo l’opposizione – una contraddizione – da parte del Comune rispetto alla volontà di dismettere la scuola alberghiera».

Oggi il ramo alberghiero è operativo presso le strutture albesi, con un leggero incremento degli allievi rispetto allo scorso anno. Cervella minimizza le baruffe interne, appellandosi al buonsenso. E soprattutto, evidenzia come il bilancio previsionale del 2012 (in pareggio su circa sei milioni di euro) stia procedendo secondo le aspettative: «Grazie ai provvedimenti adottati, l’esposizione bancaria è migliorata e la scuola gode di un buon equilibrio economico». Sebbene alcuni soci sembrino di diverso avviso, il sindaco Maurizio Marello si dichiara in accordo con il Presidente: «Alba è socio importante in Apro: nostro unico interesse è perseguire il bene della scuola. Le scelte relative al castello di Barolo rispondono a impellenze economiche. Non c’è altro. Nessuna diatriba, nessuna questione personale, ma un atto di responsabilità». I sedimenti passati sembrano convergere nell’immagine del castello, ultimo bastione (forse) per dissipare l’accumulo di errori, scelte avventate e conflittualità.

Matteo Viberti

foto Vacchetto

Barolo non ci sta

“Parliamo con Walter Mazzocchi, sindaco di Barolo (il Comune è socio fondatore e detiene una partecipazione in Apro del 9,63 per cento).

Perché Barolo ha sfrattato Apro, Mazzocchi? «Il Comune ha un regolare contratto di locazione con Apro servizi. Dopo tre lettere di sollecito rimaste senza risposta e a fronte della morosità per quattro trimestralità del 2011 e per la prima del 2012, il Comune ha avviato la pratica. Altra cosa è il rapporto fra i soci costituito dallo Statuto. Lo Statuto è molto puntuale e all’art. 2 recita: “L’attività formativa si potrà sviluppare in Italia e all’estero, con la salvaguardia delle sedi di Alba e di Barolo”. Si tratta di una tutela decisa nel 2002, allorché furono trasferiti ad Alba i corsi nel settore alberghiero».

Per questo è stata convocata l’assemblea il 12 marzo. Com’è andata? «L’assemblea dei soci si è riunita per valutare la decisione, assunta nel 2011 dal presidente Cervella, di sospendere l’attività formativa presso la sede del castello di Barolo. È stato un tentativo maldestro di sanare una scelta eseguita dalla Presidenza senza averne titolo. Infatti, i soci non hanno ritenuto di ratificare l’iniziativa. Il Presidente ha potuto raccogliere solo un parere orientativo (e tardivo) sul punto».

Apro, comunque, dismetterà le attività del castello. «Le faccio una domanda: quale sarebbe la sostenibilità del settore alberghiero in Alba, con l’affitto che Apro paga per l’edificio di proprietà privata ora occupato? Per di più, la scuola si ritroverebbe senza gli annuali finanziamenti pubblici un tempo erogati per la sede di Barolo. Se i conti non si fanno in questo modo, si rischia per finire nel gioco delle tre carte».

Che cosa pensa del bilancio di Apro? «C’è un’impostazione di fondo che non convince né noi, né altri soci. Per esempio, la Presidenza ha più volte fatto riferimento a un investimento su Barolo per circa 650 mila euro. Ma in occasione dell’esame del bilancio non è stata fornita risposta esauriente. Temiamo che nell’ammontare citato siano state inserite voci non pertinenti. Per questo il Comune è stato costretto a rivolgersi a un legale e si riserva la facoltà di impugnare le delibere».

Sta dicendo che i programmi su Barolo non sono stati rispettati? «Nel 2002, per il castello di Barolo si ipotizzò una struttura di alto livello formativo, complementare all’alberghiero di Alba, dedicata alla formazione di operatori italiani e stranieri».

Quale sarà il destino della scuola? «Apro è condizionata da una delicata situazione finanziaria, anche se negli anni è stato acquisito un cospicuo patrimonio immobiliare. I problemi sono di antica origine, tanto che se ne stanno occupando le cronache giudiziarie. Era sufficiente continuare l’opera di risanamento iniziata da Apro, che si era già liberata di fardelli molto onerosi, non certo scelti da Barolo. Non si dovevano poi spesare in un’unica soluzione investimenti che hanno valenza pluriennale».

Quali sono i rapporti con il Comune di Alba e con Olindo Cervella? «Siamo sorpresi dal comportamento del Comune di Alba. Le sue quote in Apro ammontano al 14,63 per cento, come quelle dell’insieme dei paesi del Barolo. Il presidente Cervella pare procedere a tentoni, con una girandola di richieste differenti a Barolo e pure alla proprietà dell’edificio di San Cassiano, ospitante il settore alberghiero albese, dal quale ha preteso – per poi tornare sulle decisioni – rimborsi per lavori eseguiti. Occorre valutare se nel comportamento di Cervella esista conflitto di interessi, dal momento che pare operare a favore del Comune di Alba e a danno di altri soci in Apro».

m.v.

 

 

Le altre voci

La voce delle minoranze rivela sovente altre immagini della realtà. Nella vicenda Apro si agitano forze contrapposte, che per essere fotografate necessitano di molteplici prospettive. Abbiamo ascoltato il parere di un dipendente. La sua voce, rispetto a quando l’abbiamo intervistato alcuni mesi fa, appare più distesa: «C’è sempre chi non è d’accordo con le scelte dirigenziali, ma nella scuola registriamo segnali positivi. Dopo l’insediamento di Cervella la situazione è migliorata, pur se ci sono stati piccoli errori. Sulla questione Barolo, c’è poco da dire. Ci dispiace dismettere le attività, che rappresentavano un ramostorico dell’azienda. D’altra parte, su ogni pianta i rami secchi vanno tagliati. È il prezzo per riparare gli errori del passato».

Ascoltiamo poi Gianpiero Porcheddu, il quale parla in rappresentanza del consorzio Sinergie sociali: «Deteniamo una quota partecipativa dello 0,1 per cento, il nostro è un semplice “diritto di parola”. All’assemblea del 12 ci siamo astenuti. Pensavamo fosse meglio lasciar decantare la situazione. Invece all’incontro erano presenti molti legali e consulenti dei soci, che detengono quote nell’azienda. Ma non mi sembra convenga a nessuno intraprendere la strada legale, che rischia di accendere inutili conflittualità». Fuori dal coro il parere di Lorena, ex dipendente della mensa di Apro, licenziata in seguito al ridimensionamento. «I vertici aziendali ci avevano promesso impegno per trovarci un lavoro. Invece nessuno si è mosso». Lorena è entrata nell’oceano del precariato: «Abbiamo smesso di interessarci ad Apro. Dobbiamo guardare avanti».

m.v.

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