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L’EDILIZIA prende fiato

L’INTERVISTA Come sta l’edilizia, settore traino negli anni della nostra economia? Lo abbiamo chiesto a Paolo Buzzetti, presidente nazionale dell’Ance, associazione di Confindustria che tutela i costruttori.

Presidente Buzzetti, quando potremo dire che il peggio è passato?

«Siamo in un momento cruciale per il futuro del Paese: bisogna dare una forte scossa all’economia, con provvedimenti capaci di far ripartire subito il mercato, restituendo fiducia alle famiglie e alle imprese, altrimenti la situazione rischia di avvitarsi pericolosamente. Per questo consideriamo il decreto sviluppo un primosegnale concreto per ridare fiato all’Italia, a partire dal rilancio del settore delle costruzioni, un volano fondamentale per l’economia e l’occupazione. Il decreto, per effetto delle detrazioni per gli interventi di ristrutturazione e miglioramento energetico, secondo le nostre previsioni, attiverà già nel 2013 investimenti aggiuntivi per circa 1,5 miliardi di euro, riuscendo quantomeno ad arrestare la caduta del settore, che dall’inizio della crisi ha perso il 26 per cento degli investimenti, riportandosi ai livelli di metà anni ’70».

In che cosa si possono identificare le cause della crisi immobiliare?

«Prime fra tutte, la difficile situazione economica generale, la crescita dei tassi di interesse e, soprattutto, l’ulteriore stretta creditizia effettuata dalle banche. I mutui erogati alle famiglie per l’acquisto di abitazioni sono diminuiti, negli ultimi cinque anni, di oltre il 20 per cento e solo nel 2011 dell’11,8. L’elemento più critico è rappresentato dal fatto che sebbene i prezzi medi delle case siano calati di poco, la percentuale di finanziamento concesso dalle banche per l’acquisto della casa è invece “crollata”, passando dall’80 per cento del prezzo dell’abitazione a circa il 50, con la conseguenza che sempre meno famiglie sono in grado di sostenere l’onere. In altre parole, nonostante nel nostro Paese ci sia ancora un forte bisogno di casa, l’acquisto è diventato più difficoltoso, specie per le fasce sociali più deboli».

Quali sono le vostre proposte per far fronte alla stretta con cui vengono erogati i mutui dalle banche?

«Per superare il grave problema del razionamento del credito e cercare di riattivare il circuito dei finanziamenti, l’Ance ha firmato importanti accordi con Unicredit e Banca Intesa. Sul fronte delle famiglie, invece, abbiamo sviluppato alcune proposte per la creazione di un meccanismo di finanziamento a medio e lungo termine. Si tratta di un percorso che punta, attraverso il coinvolgimento di investitori istituzionali, a garantire le obbligazioni emesse dalle banche e finalizzate all’erogazione di mutui per l’acquisto della prima casa da parte delle famiglie. C’è poi un problema legato alle fasce di popolazione meno abbienti: in questi casi, sarebbe opportuno sviluppare un sistema di garanzie che permetta l’accesso al credito anche per i più deboli».

Pensa che le azioni svolte dal premier Mario Monti e dal Governo possano sbloccare la situazione del settore immobiliare?

«Il Governo si sta impegnando molto per contrastare la crisi e rilanciare, dopo una fase di rigore e sacrifici, la crescita del Paese. Questo anche grazie all’importante lavoro svolto a livello internazionale, con l’obiettivo di dare stabilità e autorevolezza all’Italia. Il nostro settore, che in questa fase ha molto risentito delle difficoltà dell’economia generale e di una politica che ha penalizzato molto la casa, dovrà giocare un ruolo importante nelle strategie di crescita. Abbiamo apprezzato la proposta del ministro Corrado Passera di un sostegno all’acquisto della casa, alleggerendo il carico impositivo sulle compravendite. Ma al tempo stesso queste misure non possono rappresentare un’alternativa all’esenzione dell’Imu sull’invenduto, una tassa severa e onerosa che grava solo sul nostro settore industriale».

Esiste il pericolo di una “bolla” immobiliare? In che modo il mercato immobiliare potrà uscire dallo stallo in cui si trova attualmente?

«I dati sulle compravendite sono preoccupanti, ma in Italia non ci sono le condizioni dello scoppio di una bolla immobiliare. A differenza di altre nazioni, nonostante la diminuzione di transazioni, i prezzi medi delle abitazioni sono rimasti stabili. Ma l’aspetto più importante è che nel nostro Paese, tranne che in alcune zone, non si è costruito più del necessario e la domanda di casa è ancora alta. Se confrontiamo il numero di famiglie che si creano ogni anno con il numero di nuove abitazioni costruite emerge l’esistenza di un fabbisogno insoddisfatto di oltre 500.000 unità».

Cristian Borello

Il comparto conta 3 milioni di addetti

Sottolinea il presidente Ance, Buzzetti: «Con un contributo dell’11 per cento al Pil nazionale, 80 comparti industriali collegati e 3 milioni di addetti considerando tutto il suo vasto indotto, il settore delle costruzioni rappresenta uno dei settori chiave nell’economia del nostro Paese. Si calcola che investire un miliardo di euro nell’edilizia comporti una ricaduta di 3,374 miliardi sull’intera economia, con un aumento di 17 mila occupati.Sono numeri emblematici, che indicano con chiarezza quanto sia importante e strategico, soprattutto in questa fase così difficile, puntare sul nostro settore per contrastare in modo efficace la crisi e riavviare il motore della crescita».

I costruttori edili vedono meno nero

L’INTERVISTA L’edilizia in provincia di Cuneo, secondo Filippo Monge, segretario provinciale dell’Ance, l’associazione dei costruttori edili, soffre un po’ meno rispetto alle altre aree piemontesi e del Paese. L’Ance Cuneo spiega che la situazione è stabile, nota positiva in un panorama di generale decrescita. Le cause che determinano la “salute” della Granda, favorita nei confronti tra le province del Piemonte e su scala nazionale, sono riconducibili alla maggior capitalizzazione delle imprese edili e a una domanda che resiste e che fa ben sperare. «Il mattone», dice Monge, «resta l’unico investimento al quale, nonostante l’Imu, si continua a guardare, sopratutto in Italia, più che negli altri Paesi».

Secondo il presidente dell’Ance cuneese Filippo Monge, si uscirà dalla crisi che sta ingrigendo il Paese innovando le aziende, attraverso “diete dimagranti” che non necessariamente passeranno attraverso riduzioni di personale, ma piuttosto andranno verso la ricollocazione e riorganizzazione delle risorse.

«Penso che il fattore che più aiuterà», ha aggiunto Monge, «sarà la nostra capacità di sopravvivenza, forte nel cuneese e che ci ha già visti reagire in passato in maniera eccellente a periodi difficili, quali il dopoguerra. Coraggio e ancora coraggio. Questo atteggiamento segnerà la svolta».

 cr.bo.

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