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Alberto Cirio in Parlamento per difendere il tartufo d’Alba

presentazione fiera tartufo 2013 05ALBA Martedì 12 novembre si è svolta presso la Commissione agricoltura della Camera un’audizione chiesta dall’assessore alla Tartuficoltura della Regione Alberto Cirio in merito alla proposta di legge “Faenzi” che intende modificare la dicitura scientifica relativa al tartufo, che «qualora venisse convertita in legge – ha sottolineato Cirio – causerebbe un grave danno all’intero comparto tartuficolo nazionale».

Attualmente il nome attributo per legge al tartufo bianco è quello di “Tuber magnatum Pico” o “Tartufo bianco d’Alba”, “di Acqualagna” o “italiano”. La proposta di legge prevede la cancellazione delle quattro denominazioni per sostituirle con il generico “Tartufo bianco pregiato”. All’audizione hanno preso parte anche Molise, Umbria e Toscana: tutte hanno condiviso la linea di opposizione alla proposta di legge in questione messa in campo dal Piemonte.

«Ho richiesto l’audizione – ha spiegato l’assessore Cirio – perché, se questa proposta venisse convertita in legge, verrebbero buttati via 80 anni di promozione fatta sul tartufo e il danno sarebbe enorme non solo per il Piemonte, ma per l’intero comparto tartuficolo italiano: dietro il nome di Alba si è costruita l’immagine e la credibilità nazionale che ruota attorno a questo settore. Senza considerare che la proposta Faenzi apre alle specie non autoctone la possibilità di essere commercializzate sul territorio italiano. Ad esempio al tartufo nero cinese, oggi vietato e per di più pericoloso perché portatore di batteri che potrebbero contaminare e mettere a rischio le nostre tartufaie, creando un danno alle caratteristiche organolettiche del tartufo italiano, oltre che alla nostra garanzia di qualità e tutela del consumatore. Il Piemonte è pronto ad alzare le barricate per opporsi a questa proposta di legge».

L’audizione è stata anche l’occasione per risollevare l’interesse del Piemonte, presso le altre Regioni, su una serie di interventi urgenti di cui il comparto tartuficolo ha bisogno. Interventi che da una parte tutelino i consumatori e dall’altra prevedano un trattamento fiscale più equo nei confronti dei commercianti, che con il sistema attuale si vedono costretti a pagare l’Iva due volte sullo stesso prodotto.

«Puntiamo a una proposta di legge che arrivi dalle Regioni stesse e stiamo lavorando a un dialogo in questo senso in particolare con Toscana, Marche ed Emilia Romagna – dice Cirio –  Avrebbe il vantaggio di essere trasversale agli schieramenti politici e, quindi, più facile da calendarizzare, anche perché, purtroppo, nonostante la buona volontà dei parlamentari locali presenti anche all’incontro in Commissione, Taricco e Monchiero, non ci sono al momento le condizioni politiche per sperare che il Parlamento decida autonomamente di affrontare la questione. Esiste in realtà una proposta di legge, la Fiorio, su cui, a differenza di quella Faenzi, esistono punti di condivisione e che potrebbe diventare l’ossatura su cui costruire la nuova proposta delle Regioni».

Obiettivo del Piemonte incentrare la normativa sul riconoscimento del tartufo come prodotto agricolo, dal momento che il tartufo è un fungo e i funghi vengono considerati per legge prodotti agricoli spontanei. «Non vediamo perché il porcino sì e il tartufo no – dice Cirio – Riconoscere il tartufo come prodotto agricolo avrebbe conseguenze positive immediate: innanzitutto dal punto di vista fiscale portando dal 22 al 10 per cento l’Iva e, allo stesso tempo, permettendoci di accedere ai contributi europei per il comparto. Infine, sarebbe anche una garanzia maggiore per il mercato, introducendo la tracciabilità prevista per i prodotti agricoli. La nostra richiesta è che ne venga, comunque, garantita la libera ricerca su terreni privati, come per la caccia. Inoltre sul fronte fiscale, pur essendo questa una esclusiva competenza dello Stato, abbiamo chiesto che venga previsto un regime transitorio».

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