Ultime notizie

La missione della Chiesa

«Come Chiesa o si è missionari o si è sterili», così ha esordito padre Antonio Rovelli, missionario della Consolata, all’incontro dei preti diocesani. Rientrato dall’Uganda, ora vuole essere missionario qui. «Occorre chiedersi che cosa Dio mi sta dicendo nella realtà che io vivo».

Funzionari o missionari?

Giona, il profeta, è chiamato: «Alzati e va’ a Ninive, la grande città». È sulle strade del mondo che si ascoltano le domande. Adamo, dove sei? Caino, dov’è tuo fratello Abele? Ricordiamo la domanda di papa Francesco dopo l’8 luglio: «Chi ha pianto per fatti come questo?». In un tempo prolungato di difficoltà si deve trasformare la crisi in un momento di grazia, perché Dio ci parla nella realtà. La realtà sociopolitica e religiosa è complessa. Occorre individuare le caratteristiche di questo nostro tempo.

 Secolarizzazione    e migrazioni

Padre Antonio fa una breve analisi di due aspetti: la secolarizzazione e le migrazioni.
1) La secolarizzazione: bisogna capire di più che il pensiero e la pratica religiosa hanno perso la significanza sociale. Nasce l’esigenza di ripensare la fede con spirito critico. Lasciarsi interrogare da ciò che avviene, pena la compiacenza del rifugiarsi nel “sacro” come forma separata dall’esperienza umana e in competizione con la storia del mondo. Ne consegue una compiacente nostalgia per una religione mondanamente potente.
2) Le migrazioni: nelle proporzioni attuali sono un fenomeno inedito e problematico. Producono cambiamenti quantitativi e qualitativi, richiedono passaggi dalla tolleranza alla relazione interculturale, provocano lotta tra poveri, il tramonto delle classi, sono necessari percorsi dall’esclusione all’inclusione, dalla beneficenza insieme al furto delle materie prime, al riconoscimento delle diversità e alterità. Crescono la paura e il sospetto anche tra noi, ci sentiamo tutti spiati e impoveriti nei nostri legami considerati usa e getta. Ci sembra di essere su una nave guidata dal menù del cuoco di bordo, per una sazietà fumosa, senza rotta e senza promessa di futuro. In un contesto che ci pare pessimista che cosa possiamo fare?

 Possibili risposte

Papa Francesco il 14 ottobre ci disse di risvegliare nel cuore e nella mente la vita della fede, di andare controcorrente con tenerezza, di andare incontro agli altri, con il richiamo all’essenziale che è Gesù Cristo. Questo è lo stupore e la novità in grado di parlare all’oggi e renderlo significativo. Due sono i luoghi privilegiati: la tavola e la strada. Due luoghi che Gesù ha scelto per essere contaminato: mangia ed è accolto in casa dai peccatori. Per noi preti una conseguenza potrebbe essere di passare da incontri frontali “di cattedra e di pulpito” all’uscire a piedi, allo sperimentare la povertà di condivisione reale della stessa condizione della gente. A partire dagli esclusi, dagli invisibili, dagli insignificanti delle periferie esistenziali, così da diventare pastori con l’odore delle pecore. Partire dalle zone di frontiera, dai confini culturali, dai profughi, dai rom, cominciando dunque dai paesi, dalla città dove si abita.
Il relatore ci ha chiesto di aprire le nostre parrocchie, di accogliere con garbo e signorilità le persone, di far diventare le parrocchie un luogo di scambio e di coscientizzazione, di prendere a cuore i problemi del territorio, senza dimenticare di riscoprire il senso del possibile. Sono necessarie un po’ di vergogna e la capacità di indignazione con tre atteggiamenti: uscire/missione come incarnazione; incontrare/missione come rivelazione; donarsi/missione come relazione e scambio nella gratuità e nel servizio, nella diversità e senza proselitismo.
Dopo la breve conferenza si sono formati tre gruppi di preti per cercare risposte alle domande emerse. Numerose indicazioni sono venute dai gruppi, in ordine sparso.
“Siamo usi a obbedir tacendo”, bisogna dunque vincere l’individualismo con più comunione fraterna, rendendo abituale questo stile di ricerca e di incontri con la programmazione della partecipazione di gruppo. Più che chiamare la gente a venire,dobbiamo accogliere l’“andate”, invito rivolto a preti e laici! Cogliere il messaggio della conversione, lasciandoci cambiare dalla gente, poiché corriamo il rischio che il mondo cambi senza di noi e senza che ce ne accorgiamo. Conoscere i cambiamenti dei nostri paesi. Imparare la lingua delle genti che abitano il nostro territorio, conversare con le persone e lavorare negli spazi abituali della nostra gente.
Qualcuno ha notato la scomparsa della dinamica conciliare. Dobbiamo essere presbiteri missionari, attenti ai criteri di discernimento per accorgerci della “missione che è fuori casa”. È emerso il desiderio di continuare queste riflessioni nel concreto dei nostri incontri all’insegna della comunione e della corresponsabilità con costante attitudine al dialogo.

 Don Gino Chiesa

Banner Gazzetta d'Alba