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Poetica parte con Giordano Bruno Guerri

ALBA Giordano Bruno Guerri è nato a Monticiano nel 1950. È scrittore, giornalista e storico, studioso del XX secolo, in particolare del ventennio fascista e dei rapporti fra italiani e Chiesa cattolica. Ha condotto programmi della Rai, scritto molti saggi. È presidente del Vittoriale degli italiani.

Sabato 24 ottobre (a mezzogiorno, nella sala Beppe Fenoglio) Guerri sarà ad Alba per una “lezione magistrale” per Poetica, cantiere artistico guidato da Alessandra Morra e Roberta Castoldi. Il titolo dell’incontro, dal sapore dannunziano, sarà: «O Vita, o Vita, Dono dell’Immortale alla mia fame vorace»-Viaggio nell’invenzione del made in Italy.

GIORDANO BRUNO GUERRI
Giordano Bruno Guerri, c’è qualche ricordo particolare che la lega alla nostra città e all’albese?
«Sono legato ad Alba per due ragioni. La prima è di carattere personale: per molti anni ho avuto una fidanzata importante in quella zona. Viaggiavo sovente. La seconda ragione è legata a Gabriele D’annunzio, poeta la cui opera e biografia ho studiato per lungo tempo. Di recente sono usciti due libri su “la cuoca di D’Annunzio”. L’importanza del cibo e del gusto sono innegabili nella vita di un uomo. Alba e il suo territorio rappresentano un’eccellenza in questo campo. Questi sono anche gli argomenti che tenterò di affrontare durante Poetica».
A proposito di D’Annunzio. Qual è l’insegnamento utile oggi contenuto nella vita e nelle opere del “vate”?
«Potremmo dire che il suo insegnamento è legato alla modernizzazione. Contrariamente a quanto i pregiudizi e gli stereotipi hanno trasmesso, Gabriele D’Annunzio contribuì all’accelerazione del processo di sviluppo della società italiana del XX secolo. Era ben lontano dall’essere decadente. Era libertario e cambiò non solo la società ma anche l’intero scenario letterario. Una lettura in questo senso di D’Annunzio oggi non può che giovare a un’Italia che manifesta la forte necessità di trasformazione».
Che cosa intende dire?
«Il Paese vive un processo di trasformazione molto rapido. Non possiamo controllarlo. Stiamo ancora pagando gli errori del passato, vicende politiche come Tangentopoli ad esempio. Il problema degli ultimi anni – la recessione e tutto il resto – risiede nel carattere brusco, improvviso e imprevedibile degli eventi che ci hanno investito. Stiamo reagendo bene, sono ottimista sul futuro».
Dunque pensa che esistano effettive possibilità di risalita?
«Sono ottimista in generale sul popolo italiano. Abbiamo voglia di fare e passato periodi peggiori».
Anche per quanto riguarda l’arte e la letteratura, che molti considerano impoverite e in agonia?
«È caratteristico di ogni generazione credere che non esistano più personaggi cruciali o possibilità di realizzazione artistica nel proprio tempo. “Non ci sono più gli uomini di una volta” è una frase sovente ripetuta. Soffriamo di questa “prospettiva corta”, ma la grandezza di un artista viene riconosciuta a distanza, non nell’immediato. Bisogna apprendere questa fondamentale verità».
Come trasmettere a livello formativo ed educativo questi concetti alle nuove generazioni?
«Bisogna fornire loro la “struttura” necessaria a muoversi nel mondo. Io ho due figli piccoli: lo sforzo che tento di fare è quello di prepararli all’internazionalizzazione, a un mondo sempre più caratterizzato dalla mobilità e dal contatto con altre culture. Conoscere una lingua, ad esempio, è un dono. I ragazzi di domani dovranno sapersi giostrare tra idiomi diversi, interagendo con popoli lontani».
Matteo Viberti 

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