Acquaroli porta Alba al Bocuse d'or

SFIDA Marco Acquaroli, trentenne di origine bergamasca, proverà a riscrivere la storia del più importante concorso per cuochi del Mondo: il Bocuse d’or (dal nome del fondatore Paul Bocuse) che ogni due anni, a Lione incorona il miglior chef del globo. In passato mai un rappresentante dell’alta cucina italiana si è qualificato per la finale. L’assalto del giovane cuoco, con Alba nel cuore, parte dallo showroom Zanussi di Guarene, dove si è allenato duramente negli ultimi tre mesi. Per arrivare a Lione, Acquaroli dovrà classificarsi tra i primi 11 cuochi europei nel Bocuse d’Or Europa (che Gazzetta seguirà in diretta con l’inviato Marcello Pasquero) in programma a Budapest oggi martedì 10 e domani mercoledì 11 maggio.

Marco Acquaroli
Marco Acquaroli mentre festeggia la vittoria della selezione italiana del Bocuse d’or, svoltasi al Alba il 1° febbraio.

Acquaroli, l’abbiamo incontrata lunedì primo febbraio quando lei ha vinto la selezione italiana del Bocuse d’or che si è svolta ad Alba nel teatro Sociale. Come ha trascorso questi mesi?
«Sono volati, sono stati intensissimi e sorprendenti. All’inizio ho alternato quattro giorni di lavoro nel Four Seasons Des Bergues di Ginevra e tre giorni di allenamenti. Dal primo marzo mi sono trasferito ad Alba per prepararmi al meglio al Bocuse d’Or Europa. Io gareggerò domani, mercoledì 11 maggio. Una data che sembrava lontana e che invece è arrivata in un batter di ciglia».
Ci sarà un po’ di Alba nella finale europea di Budapest?
«Certo, questa città mi è entrata nel cuore, la conoscevo per aver, in passato, lavorato per uno stage “Al Duomo” dal maestro Enrico Crippa, ma il sostegno che ho incontrato in questi mesi è stato straordinario. Spero di passare ancora molti mesi qui, vorrà dire che mi sarò qualificato per la finale e che mi starò preparando per la finale mondiale del Bocuse d’Or di Lione 2017».

Come è possibile che la cucina italiana, tra le migliori del mondo, sia mai arrivata tra le 24 finaliste di Lione?
«I cuochi italiani hanno spesso sottovalutato questo concorso dove è importante il minimo dettaglio e per cui serve un allenamento giornaliero. In Norvegia, Svezia o Danimarca lo chef che rappresenta la Nazione si prepara per anni alla gara e il Bocuse d’or viene visto alla stregua di un Mondiale di calcio in cui il Paese si ferma e segue il proprio rappresentante. A Budapest saremo in gara in 20 cuochi da altrettante nazioni, si qualificheranno in 11, non sarà facile, ma ce la metteremo tutta».
Lei ha sentito questo sostegno?
«Sì, in questi mesi si è creato un team affiatato composto dal mio commis (ovvero il primo assistente in cucina) Marco Leandri, da Giancarlo Perbellini, presidente del Bocuse d’Or Italia, Fabio Tacchella coach ufficiale, Luciano Tona coordinatore, Enrico Crippa e Paolo Lopriore supervisori delle ricette, Paolo Barichella food designer di fama nazionale e Luca Govoni docente di Storia e cultura della cucina italiana ad Alma (la Scuola internazionale di cucina italiana)».
Si sente pronto?
«Non ci si può sentire pronti per un Bocuse d’or, però so che ho lavorato bene, che ce l’ho messa tutta con il poco tempo che avevo. Le ricette le sento mie. Non posso anticipare nulla, posso solo dire che porteremo l’Italia e il Piemonte a Budapest e che spero che i giudici sapranno apprezzare».

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Marco Acquaroli durante la selezione italiana del Bocuse d’or ad Alba

È chiamato a riscattare la cucina italiana, non sente la pressione?
«Facendo questo lavoro ogni giorno ho imparato che agitarsi non serve e che la calma è veramente la virtù dei forti. Avrò poche ore per preparare un piatto con lo storione e un vassoio con il cervo, dovrò rimanere lucido e mettere in pratica tutto ciò per cui mi sono impegnato in questi mesi».
In conclusione, vuole fare dei ringraziamenti?
«Alla mia squadra e a Piero Mollo che mi ha ospitato come un figlio, ma anche a Calvisius e Metro Cash&Carry che ci hanno offerto storione e cervo, al comune di Alba, all’Atl Langhe e Roero, all’Accademia alberghiera di Alba e ovviamente alla mia fidanzata e alla mia famiglia che mi hanno sostenuto in questi mesi di duro allenamento».

Marcello Pasquero

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