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Giornata della memoria: a Lequio Berria Meghi e la sua forza semplice

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Margherita Mo, "Meghi", con Felice Marino e Oreste Nano

LEQUIO BERRIA

La biblioteca Pressenda per la Giornata della memoria, il 29 gennaio alle 16, nella sala parrocchiale dedicherà un incontro a tre lequiesi, contadini e soldati, morti nei lager nazisti: Luigi Mo del 1921, morto nel lager di Hessen Lichtenau il 21 gennaio 1945; Agostino Moraglio del 1914, morto a Lipsia il 23 aprile 1944; Luigi Olivero del 1923, morto il 24 agosto 1944 a Sandbostel. Seguirà la presentazione del libro Meghi di Margherita Mo, sorella di Luigi.

Appena distribuito il libro di Araba Fenice dedicato a Meghi «staffetta partigiana delle Langhe libere», ha ravvivato l’interesse per la giornata che si propone come antidoto ai vuoti della memoria storica che tutti siamo chiamati a ricucire. In meno di una settimana sono giunti a Meghi una decina di inviti a condividere le proprie testimonianze di lotta al nazifascismo.

Quattro incontri sono già in calendario: a Lequio Berria, a Diano nel salone polifunzionale alle 21 di venerdì 3 febbraio; a Ricca, nel teatro, alle 20.30 di venerdì 10 marzo; a Trinità, nel salone, alle 20.30 di venerdì 14 aprile. Altre presentazioni sono state richieste a Canale, Magliano, Castino e Govone.

La prima edizione è andata esaurita in brevissimo tempo

La prima edizione è andata esaurita e l’editore sta lavorando alla seconda. Quali sono le ragioni di un successo così sorprendente? Credo che la forza del libro sia la semplicità delle argomentazioni, la misura dello stile narrativo di Meghi. C’è un crescente fastidio per i tuttologi, cercatori dell’acqua calda con la prerogativa di comunicare in modo astruso. Le narrazioni di Meghi richiamano l’energia delle esperienze di vita alimentate dal sentimento, dall’emozione.
Ero presente quando raccontò a due classi del liceo Govone di aver trovato, durante la guerra, delle mele piccoline di montagna. In una c’era il verme dentro: si mise in tasca frutto e verme perché voleva sentire qualcosa di vivo. Poi andò avanti nel suo cammino di staffetta in fuga: trovò un seccatoio dove c’erano delle persone e le sembrò di trovare il Paradiso. Bussò, la fecero entrare e le diedero da mangiare castagne bianche con il latte. C’erano una nonna, una donna, una bambina e tre gatti. Dopo avere osservato Meghi la bambina la invitò a restare: «Dovresti stare qui con noi che ti abbiamo dato da mangiare». Come nelle favole dormirono insieme su un letto con un materasso di foglie.

Racconta la guerra, con sobrietà

Raccontare la guerra come se si parlasse di altro è l’arma segreta di Meghi, il suo modo sobrio di far capire che i comportamenti e le persone non sono tutti uguali.
Una seconda chiave di lettura è il forte desiderio di ritorno e di radicamento che Meghi, originaria delle Langhe alte, ha coltivato negli anni: «Sono quindici anni che abito ad Alba, ma tengo la casa all’incrocio che si incontra salendo verso Benevello e Tre Cunei per coltivare il ricordo dei miei cari, di mio padre, mia madre e mia sorella; e in particolare di mio fratello Luigi ucciso in Germania quando la guerra stava per finire».

Donato Bosca

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