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Tartufo bianco d’Alba: un prodotto, un nome e un mondo che vanno difesi

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ALBA «Francamente non si capisce dove il Ministero delle politiche agricole voglia andare a parare. Eliminare la dicitura “d’Alba” dalla denominazione di tartufo bianco, come pare sia intenzione del Dicastero nel contesto del Piano nazionale di filiera sarebbe un affronto intollerabile a decenni di lavoro e di politiche promozionali di un prodotto che per Alba e per l’intero territorio rappresenta un simbolo, ma non solo. Ancor di più, infatti, esso è un viatico eccezionale per accedere con tutti i prodotti di Langhe e Roero e del Piemonte sui mercati del mondo. Pare assurdo che lo Stato italiano voglia così masochisticamente precludersi un biglietto da visita incredibilmente efficace per tutto l’agroalimentare del nostro Paese».

Questo è  il pensiero dell’associazione commercianti albesi, nelle parole del suo direttore Giuliano Viglione, che aggiunge: «Da quando il tartufo bianco è conosciuto a livello internazionale, esso è legato al nome di Alba così come alla definizione scientifica di tuber magnatum pico, che oggi il Ministero sembra intenzionato a legare a toponimi diversi da Alba quando non addirittura del tutto generici e pertanto sostanzialmente anonimi. Scindere questi termini genererebbe uno scenario di confusione nei consumatori e un danno economico per gli operatori del commercio e di tutta la filiera del tartufo, che – senza esagerare – possiamo dire comprende la ristorazione di livello del nostro territorio e il turismo stesso, considerato il forte appeal esercitato dal tartufo bianco d’Alba sui visitatori e gli appassionati di enogastronomia della platea internazionale».

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