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Per i vini senza solfiti serve uva sana e attenzione in cantina

Per i vini senza solfiti serve uva sana e attenzione in cantina 1

ENOLOGIA Si è parlato di vini senza solfiti, o meglio, senza solfiti aggiunti, mercoledì scorso all’azienda agricola Teo Costa di Castellinaldo. Considerate le implicazioni sempre più decise anche sulla salute, il convegno ha destato curiosità e interesse e questo ha portato a una partecipazione molto significativa di tecnici, produttori, giornalisti, ristoratori, operatori di mercato e consumatori.

Ci pare utile prendere spunto da questo evento per sviluppare alcune considerazioni, in linea anche con gli interventi dei relatori del convegno. Il focus dell’incontro è stato il progetto, ideato più di 10 anni fa da Teo Costa e che ha portato l’azienda a produrre oggi cinque vini senza l’aggiunta di solfiti. Ma non c’è stata alcuna volontà di demonizzare l’uso dell’anidride solforosa nel vino. Si sa, infatti, che la sua aggiunta (diretta o tramite altri composti come il metabisolfito di potassio in vinificazione) è utile per evitare, nel mosto e nel vino, l’azione di funghi e batteri che potrebbero provocare danni alla salubrità del prodotto ed effetti deleteri sulla salute dei consumatori.

Come hanno sottolineato in molti, il problema sta negli eccessi, ovvero quando la presenza di anidride solforosa è molto vicina ai limiti fissati dalla legge, anche se le ragioni tecniche ispirerebbero livelli più bassi. Nell’uomo possono, infatti, intervenire fenomeni di accumulo, non solo dovuti ai vini, ma anche al fatto che questo composto è impiegato in tanti prodotti che partecipano più o meno attivamente alla nostra alimentazione. I pericoli, come ha ricordato Antonio Germano, esperto in farmacologia, non si fermano al classico mal di testa, ma possono riguardare funzioni più importanti come la riduzione della capacità dell’organismo di assorbire alcune vitamine indispensabili per i processi biologici.

Il progetto di Teo Costa ha preso le mosse nella vendemmia 2007. Perciò l’azienda dispone ormai di un’ottima esperienza e di un protocollo di lavoro che negli anni è stato perfezionato. Lo ha ricordato l’enologo Gianfranco Cordero che segue tecnicamente questo lavoro: il procedimento è di facile attuazione, a patto che si inizi dalla vigna producendo uva sana e si continui in cantina dedicando massima attenzione alla pulizia e alla tempestività delle varie fasi di lavorazione. Ma è ancora più importante l’effetto che questo progetto ha avuto sugli altri vini dell’azienda: questa logica ha fatto sì che anche nella restante produzione ci sia stata una rigorosa attenzione per il contenuto in solforosa, contenendola al massimo in tutti i vini.

C’è poi il problema del mercato. Dopo averlo prodotto, il vino va venduto. In questo caso, abbiamo potuto confrontarci su due visioni del problema: quella di Luigi Pestarino, responsabile marketing di Coop Liguria, e quella di Bruno Cingolani, titolare del ristorante Dulcis vitis di Alba. Entrambi hanno sottolineato il livello di attenzione sempre più elevato che il consumatore sta dedicando alla selezione dei prodotti destinati alla sua alimentazione. È vero che fare la spesa è un’operazione impegnativa, ma sono sempre di più coloro che hanno capito che in questa fase bisogna dedicare il tempo necessario per informarsi, leggere e valutare gli ingredienti, soppesare il valore di un cibo non solo in base al costo, ma soprattutto in relazione a salubrità, apporto nutrizionale e pulizia.

Dietro questa “provocazione” sui vini senza solfiti aggiunti, quindi, si è visto che si nasconde un universo molto più grande, che raggruppa e coinvolge tutto ciò che entra nella nostra alimentazione.

Giancarlo Montaldo

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