Alba è una città multietnica e anziana

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DEMOGRAFIA A fine dello scorso anno gli albesi erano 31.457 (14.854 maschi e 16.603 femmine), sedici in più rispetto all’anno precedente, quando erano 31.441. Una crescita minima eppure in controtendenza rispetto al resto del Paese, che continua a registrare contrazioni. Tuttavia, l’andamento della popolazione negli ultimi dieci anni non sembra percorrere ascese fuori controllo: andando indietro nel tempo vediamo come la popolazione ammontasse a 29.900 individui nel 2001, 31.700 nel 1981, 21.100 individui nel 1961. A inizio secolo gli indici demografici dipingono invece una città agreste, rustica e lontana dalle grandi dimensioni causate dall’industrializzazione e dalla crescita economica pervasiva: nel 1901 il totale di abitanti ammontava a 13.800 individui, nel 1861 a 10.690. Una popolazione che cresce dunque, ma in maniera relativamente contenuta e in misura proporzionale – sembra – agli indici di sviluppo economico.

Eppure, la saggezza popolare insegna che la sola arma che i poveri hanno contro l’ingiustizia della vita sia la vita stessa: ecco perché le nascite sono più numerose nei Paesi sottosviluppati, mentre nei luoghi opulenti esse stagnano. Come se l’abbondanza fosse sufficiente a sé stessa, non bisognasse di moltiplicarsi. E infatti, analizzando gli indici demografici albesi, emerge una duplice verità. Da un lato il fatto che negli ultimi dieci anni l’andamento dei morti in città sia sempre risultato maggiore a quello dei nati.

Nel 2016 a esempio si sono registrate 266 nascite e 342 decessi. Nel 2002, situazione similare, le nascite sono state 250 e i decessi 290. Anche in città dunque il crescente benessere economico non sembra corrispondere a incrementi di natalità. Come spiegare dunque l’ingrandimento demografico costante negli anni? Chiamando in causa una delle tematiche di attualità: i saldi migratori.

La popolazione straniera ad Alba nel 2004 ammontava a poco più di 1.800 unità: oggi, dopo appena 12 anni, la cifra è più del doppio: 3.800. Negli ultimi periodi l’andamento migratorio è stato crescente e sembra fondamentale nel garantire sia la struttura socio-economica che la crescita demografica.

Nel solo 2016 il Comune ha registrato oltre mille iscritti da altri Comuni, 135 persone dall’estero e 35 “per altri motivi”. Sono molte anche le persone in uscita da Alba: circa 1.100 nell’anno trascorso. Tuttavia, negli ultimi 15 anni il saldo migratorio – ovvero il bilancio tra chi va via dalla città e chi invece arriva – è sempre risultato positivo, con un numero variabile dai 40 ai 500 individui.

Questo renderebbe Alba una città aperta al nuovo, predisposta a un continuo ricambio delle proprie risorse e a consentire ingressi di linfa vitale. Peccato che questa disponibilità non aiuti a mantenere una freschezza anagrafica: oggi l’età media è pari a 45,2 anni. Nel 2002 lo stesso parametro era pari a 43 anni – due anni persi da inizio secolo a oggi. Questo aprirebbe i gravi capitoli del prolungamento dell’arco di vita con le relative problematiche sanitarie, dell’impossibilità per le nuove generazioni di pensare a creare una famiglia, della mancanza di riforme sociali in grado di invertire una rotta sempre meno tutelante per il futuro del Paese, del territorio e dunque della città.

Matteo Viberti

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