Mariano e Olivieri, i poeti del nord ovest sotto le torri

Mariano e Olivieri, i poeti del nord ovest sotto le torri
Riccardo Olivieri

PERSONAGGI Due poeti, di generazioni diverse, che si conoscono e vicendevolmente si leggono, incontreranno chi vorrà concedersi il tempo e lo spazio apparentemente laterale, e forse tanto più necessario, della poesia. L’appuntamento è sabato 29 settembre, alle 18, alla libreria La Torre di via maestra ad Alba; le due voci sono quelle di Beppe Mariano e Riccardo Olivieri; con loro sarà Valter Boggione, critico letterario e attento lettore di poesia (ricordiamo qui soltanto la sua poderosa ricognizione della poetica di Giorgio Barberi Squarotti, la cui figura non sarà troppo lontana).

A Beppe Mariano, saviglianese, classe 1938, corrisponde oggi una lunga opera in versi costruita all’ombra del suo Monviso, baricentro geografico e spirituale per osservare ‒ da una posizione appartata, che non è per questo esclusiva ‒ fenomeni e mutazioni, passaggi e ritorni della vita sua e nostra. L’editore Aragno, sotto il titolo Il seme di un pensiero, aveva di recente raccolto in una ricca e fortunata antologia le sue poesie dal 1964 al 2011; oggi Mariano fa uscire da Interlinea il capitolo che colma gli ultimi anni, Attraversamenti (con testi di Gianni D’Elia e Giovanni Tesio), che già nel suo titolo suggerisce un’attitudine del poeta, forse un implicito “metodo” e un gioco di parole non di facciata. È anche il titolo della prima sezione e della lunga poesia che l’apre: un racconto di mare, mezzo di «secoli di poesia» che oggi è «sepoltura», dove la tentazione classica e romantica, e il metaforico, reagiscono con la cronaca puntuale, quotidiana, di condanne a morte per povertà, su un «barcone pericolante, / stracarico di aggiogati / e di qualche aggiogante». La letteratura, il mito, si confondono e deformano la cronaca (il destino?) di chi racconta, un salvato «fortunato» e dannato che non può lasciarci. Come non cede il poeta, nonostante: nella sua «vecchiezza corsara», «a volar basso, irrassegnato: / godrà del poco verde che rimane».

Riccardo Olivieri, originario di Sanremo (dov’è nato, nel 1969), vive e lavora da tempo a Torino, ma ha avuto una “vita precedente”, tra i venti e i trent’anni, di viaggi di lavoro per l’Europa e il mondo. Lunghi viaggi e voli che l’hanno letteralmente sospeso, e in cui l’hanno accompagnato i versi dei poeti (Vittorio Sereni su tutti) che sono stati, nella sua biografia, un segno di riconoscimento e di identificazione. Nella sua formazione la poesia si è fatta il luogo privato e riparato dove filtrare l’autobiografia (famigliare, in primo luogo), e la lingua, per provare a cercare un senso e dire ciò che il mondo, fuori, non sembra preparato, o disposto, a vedere davvero. Quel mondo che nella bellissima Pensiero dello Scrivia, il ragazzo rimpianto e perdonato dall’adulto osa contrapporre, con avventata, irrazionale furia di giovane, al fiume «troppo lento». La sua opera, che l’ha ormai segnalato e premiato come autore sicuro, è edita da Passigli: l’ultima raccolta, fresca del Premio Pavese 2018, è A quale ritmo, per quale regnante (con una presentazione di Giuseppe Conte), titolo che è un bilancio e una domanda, già posta nella poesia 40 anni del precedente Difesa dei sensibili.

Mariano e Olivieri sono oggi entrambi accolti tra i “Poeti del Nord Ovest” individuati dal progetto Ossigeno Nascente-Atlante dei poeti contemporanei dell’Università di Bologna, mappatura-archivio delle scritture poetiche che con maggiore intensità e coerenza si esprimono nella penisola: poeti che «esaltano lo stato della lingua», cioè ne fanno, come ci si attende, la materia non scontata o esibita, ma sempre inseguita, interrogata, raffinata, per una descrizione di sé e del mondo (sensibile o invisibile che sia) da lasciare alle risposte di chi ascolta.

Edoardo Borra

 

Banner Gazzetta d'Alba