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Visto che gli Sprar funzionano… aboliamoli

Con il decreto Salvini crescono gli irregolari 1

IMMIGRAZIONE  Al centro delle proteste c’è anche il forte ridimensionamento dello Sprar, il Sistema di protezione per richiedenti asilo e rifugiati, che verrebbe sostituito da un «sistema di protezione per titolari di protezione internazionale e minori». Significa che i migranti non sarebbero più ammessi alle pratiche di formazione e inserimento socio-lavorativo, ma finirebbero per essere dirottati nei Cas, i centri di accoglienza straordinaria.

Introdotto nel 2002, lo Sprar è un progetto nazionale coordinato dal Ministero dell’interno e dall’Anci (Associazione nazionale dei Comuni italiani). Si tratta di un’accoglienza diffusa, dal momento che la richiesta di accedere alla rete proviene dagli enti locali, che diventano titolari dello Sprar presente sul loro territorio, affidato a enti gestori tramite una gara d’appalto. È un fiore all’occhiello per l’Italia a livello europeo, che mira a raggiungere l’integrazione e garantisce trasparenza nell’utilizzo dei fondi. Tutti requisiti che non appartengono ai Cas, pensati come soluzioni temporanee per gestire l’emergenza migranti, che vengono affidati dalle Prefetture ad associazioni, cooperative e privati tramite il relativo bando e ricevono 35 euro al giorno per ogni persona ospitata: in altre parole, non una rete in mano agli enti locali, ma un sistema disomogeneo a livello nazionale, con casi virtuosi ma anche esempi di cattiva accoglienza. E se all’inizio il problema erano i numeri troppo bassi dei migranti accolti dagli Sprar, negli ultimi anni i Comuni hanno compreso l’importanza di gestire direttamente il sistema di accoglienza: secondo i dati del Ministero, relativi a luglio di quest’anno, sono 877 i progetti Sprar da Nord a Sud, attivati da 754 enti locali (pari a un totale di 1.200 Municipi), per 35.881 posti disponibili.

f.p.

A Cuneo la Prefettura ha già sospeso i nuovi bandi

Anche sul fronte dei Cas (Centri d’accoglienza straordinaria), ad Alba il nuovo anno sarà all’insegna dei cambiamenti. In realtà, a livello burocratico la situazione è incerta: l’attuale convenzione con la Prefettura di Cuneo scadrà per tutti gli enti gestori il 31 dicembre, ma il nuovo bando, che era stato indetto a inizio estate, è poi stato sospeso e revocato a data da definire. Come dice la stessa Prefettura, il motivo è l’adeguamento delle procedure alle nuove direttive del Ministero degli interni.

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Se a oggi non c’è stata alcuna comunicazione, sotto le torri sono già state prese decisioni importanti, come alla Caritas diocesana, dove sono undici i posti registrati come Cas. Come ha anticipato don Gigi Alessandria a Gazzetta d’Alba, l’intenzione «è di non rinnovare la convenzione con la Prefettura, ma di volgere lo sguardo alla nuova emergenza del territorio: gli stranieri che, una volta ottenuto il permesso di soggiorno e fuori dalle comunità che li hanno accolti, si ritrovano abbandonati, senza forme di sostegno, senza una casa e senza un lavoro». La diocesi albese cercherà di offrire loro un servizio idoneo, con particolare attenzione alla scolarizzazione, senza alcuna forma di finanziamento statale.

Fino al 31 dicembre sono convenzionati con la Prefettura anche i sei posti gestiti dall’associazione Bakhita, formata dai volontari del centro Migrantes diocesano. Al momento sono quattro le ragazze nigeriane ospitate nell’alloggio St. Joseph di corso Europa, tutte vittime della tratta salvate dalla strada. A differenza degli altri Cas, convenzionati tramite bando, il loro è un caso di affidamento diretto da parte della Prefettura e quindi soggetto a un regime differente. La speranza è di vederlo rinnovato con il nuovo anno, come spiega il direttore di Migrantes don Paolo Rocca: «Abbiamo seguito nel miglior modo possibile le ragazze, dal punto di vista dell’assistenza e della formazione, tanto che una di loro ha lasciato l’alloggio per un lavoro a tempo pieno come badante. Per questo intendiamo proseguire con questo modello, anche perché presto una diventerà mamma e avrà bisogno del nostro aiuto».

E poi c’è la cooperativa Alice, che al momento gestisce 17 posti convenzionati come Cas – ma nei prossimi mesi potrebbero essere convertiti in Sprar –, come spiega l’assessore alle politiche sociali Elena Di Liddo: «La scelta del Comune è di puntare sul maggior inserimento possibile degli stranieri: è il motivo per cui abbiamo scelto di aderire alla rete Sprar, di cui è capofila Cuneo. A proposito dei 17 posti Cas della cooperativa Alice, ci è giunta la loro richiesta di convertirli in Sprar; l’abbiamo accolta positivamente, dal momento che è questa la direzione da intraprendere: l’emergenza degli arrivi è superata ed è importante portare avanti una reale integrazione. La prossima settimana discuteremo della proposta a Cuneo, che come ente capofila dovrà trasmetterla al Ministero dell’interno».

Francesca Pinaffo

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