Giovanni, il muratore che alle slot si è giocato soldi, lavoro e famiglia

Immagine d'archivio
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Dai pochi euro infilati nelle macchinette alle sale e alle videolottery, complice la crisi economica e le difficoltà dell’esistenza, alcune persone possono precipitare in un gorgo da cui è difficile emergere

INCHIESTA Giovanni abita in un piccolo paese della provincia di Cuneo ed è un impresario edile. O meglio, lo era. Ha aperto la sua attività a fine degli anni ’90: la sua impresa è cresciuta fino ad assumere otto operai alle sue dipendenze. Poi è arrivata la crisi del mercato immobiliare, con una serie di problemi sul lavoro che lo hanno portato progressivamente a rifugiarsi nel gioco d’azzardo.

Il suo racconto è chiaro: «All’inizio il gioco era una piccola parentesi, qualche euro messo nelle slot machine nel locale in cui ero solito pranzare. Poi, sono arrivate le sale da gioco e le videolottery, dove si possono inserire le banconote, con la possibilità di scommettere fino a 10 euro a puntata. Così, in pochi minuti, ero in grado di bruciare ciò che avevo guadagnato in una settimana».

Il gioco diventa il centro della vita di Giovanni: «Ogni scusa era buona per entrare nella sala giochi: una giornata storta, il pagamento per un lavoro fatto, un litigio in famiglia, per esempio. È così che i dieci minuti preventivati per il gioco diventavano ore e interi pomeriggi durante i quali non andavo a lavorare. Al contrario, rimanevo rintanato nella sala, ubriaco di suoni e di luci, di cui sento ancora il rimbombare nelle orecchie. Ogni volta mi ripromettevo di non tornarci più, ma puntualmente tornavo a giocare, convinto di poter recuperare il denaro perso». <EM>Giovanni ha iniziato a non pagare più i fornitori, a ritardare il pagamento degli stipendi ai dipendenti, usando come scusa la crisi economica. Anche i rapporti in famiglia erano sempre più tesi. La prima persona con cui l’uomo si è confidato è stato il padre: «Dopo avergli raccontato tutto, mi sono sentito più libero. È stato lui ad accompagnarmi al servizio dipendenze, per poi aiutarmi sul fronte dei debiti e del rapporto con mia moglie». Oggi l’uomo ha chiuso la sua attività imprenditoriale ed è tornato a fare il muratore per altre aziende: «In famiglia la situazione è ancora difficile: mia moglie fatica a fidarsi di me, cerca continue rassicurazioni sul fatto che non gioco più: lo so che non è facile conquistare il suo rispetto, ma recuperare i miei affetti è l’unica cosa che conta davvero per me», conclude.

Francesca Pinaffo

Una carta etica condivisa tra tutti i giornali della Granda

Tra gli obiettivi del progetto Punta su di te 2.0, c’è la stesura di una carta etica tra i diversi mezzi di informazione della provincia, con l’obiettivo di gestire le notizie relative al gioco d’azzardo in modo condiviso. Spiega infatti Manuela Ferrero, coordinatrice del progetto: «Per prevenire il gioco d’azzardo patologico, una comunicazione corretta è un elemento essenziale. Anche se a volte non ce ne rendiamo conto, sono tante le pubblicità sui vari media. A partire da questa realtà, vorremmo cambiare prospettiva: con la giusta sinergia, i giornali possono contribuire alla diffusione di una corretta percezione del rischio e attenuare l’impatto dei messaggi pubblicitari, ma anche veicolare la trasmissione d’informazioni sulla rete dei servizi di cura presenti sul territorio».

Per gettare le basi di un percorso condiviso, i rappresentanti delle testate della Granda hanno partecipato a un tavolo di lavoro presso la fondazione Crc a Cuneo. Per uniformare le azioni, si è deciso di lavorare alla stesura di una carta etica, in modo da condividere stili di comunicazione corretti, capaci di bilanciare le proposte di gioco e la cultura del “vincere facile”. Anche Gazzetta d’Alba ha aderito all’iniziativa, sebbene per scelta si sia sempre deciso di non accettare pubblicità relative al gioco d’azzardo e di non enfatizzare le notizie legate a vincite.

Francesca Pinaffo

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