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Diserbo chimico: ingiallisce le erbacce, uccidendo la vita

IL CASO La distanza tra autorità e cittadini non consente alla popolazione d’intervenire anche quando la salute è in pericolo. E, spesso, una scarsa informazione conduce alla sottovalutazione di un problema. Capita, ad esempio, proprio in questi giorni, di scorgere su carreggiate, scarpate, vigne e prati porzioni di erba marroncini, rossicci o giallastri. Dietro la variazione di tonalità esiste un universo di silenzi e pericoli. Quando incontriamo questa mutazione cromatica significa che è stato utilizzato un diserbante chimico, molecole che distruggono gli steli, considerati d’intralcio, sia lungo le scarpate che nelle vigne.

Mentre l’Amministrazione albese nel 2019 ha formalmente rinunciato al suo utilizzo, quasi tutte le strade di pertinenza provinciale sono irrorate di questi composti chimici che, secondo la stragrande maggioranza di esperti e studi, causano danni alla salute umana e alla natura.

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Gino Scarsi è un uomo che da anni sul territorio si batte per l’ambiente, militando nell’associazione Canale ecologia. A suo avviso in Langa e Roero almeno un terzo dei viticoltori utilizzerebbe ancora il diserbante chimico invece di quello meccanico. Spiega Scarsi: «Questi prodotti “bruciano” l’erba, uccidendo non solo insetti, ragni e vermi, ma anche i microrganismi. In un metro quadrato di terreno ne possiamo trovare miliardi, necessari a mantenere la biodiversità dell’ambiente e quindi a favorire l’equilibrio della natura». Inoltre, il diserbante «inquina il terreno e le falde acquifere, finendo inevitabilmente nella frutta e nella verdura che mangiamo, nell’acqua che beviamo, nell’aria che respiriamo. Queste sostanze provocano malattie sul lungo termine: risulta infatti che tra i malati di alcuni tipi di tumore e anche di Parkinson molti siano contadini o persone esposte a questi agenti in maniera diretta». Non abbiamo modo di verificare queste correlazioni epidemiologiche, ma l’esperienza quotidiana suggerisce che non sembra irrealistica. Ancora Scarsi: «In Italia vengono usate 130mila tonnellate di diserbante l’anno, qualche anno fa erano 150mila. Nonostante il miglioramento, nelle falde superficiali è aumentato l’inquinamento. Questo accade perché una volta entrato in circolo, l’agente nocivo vi rimane per lungo tempo. I danni che può causare sono presumibilmente ingenti».

Perché allora gli agricoltori continuano a utilizzare la chimica? Scarsi: «Forse solo per abitudine. Lo sfalcio meccanico implica maggiore dispendio di tempo e risorse. Molti dicono che il biologico sia altrettanto inquinante rispetto al diserbo, ma non è vero. L’agricoltura biologica se rispetta i parametri di legge, non immette sostanze chimiche nell’ambiente e dunque risulta più protettiva e benefica per l’ecosistema».

Gino Scarsi propone quindi un’attività di denuncia e sensibilizzazione: chi vede erba di colore rossiccio, può segnalare con un foglio, una scritta o un disegno: è un pacifico grido di protesta.

Matteo Viberti

Dice Antoniotti (Provincia di Cuneo): subito nuove soluzioni

Diserbo chimico: ingiallisce le erbacce, uccidendo la vita 2Parliamo del tema diserbanti con Massimo Antoniotti, consigliere provinciale con delega alla viabilità per Langa e Roero. È lui a decidere come “pulire” le sponde delle strade dall’erba. Perché le provinciali sono cosparse di diserbante chimico, che provoca danni alla salute delle persone e uccide la biodiversità?, chiediamo. Scopriamo il paradosso: Antoniotti è titolare di un’azienda agricola biologica. «Sono consapevole che l’utilizzo del diserbante sia critico. Negli anni abbiamo diminuito fortemente l’impiego di questi prodotti chimici, ma purtroppo come Provincia siamo ancora costretti ad applicarlo in alcune zone di difficile raggiungimento, come sotto i guardrail o negli angoli più difficoltosi».

Il problema, spiega Antoniotti, è la chiara mancanza di risorse economiche per gli enti locali. «Dobbiamo garantire la sicurezza delle strade, tagliando l’erba che impedisce la visuale alle automobili.

Ci costerebbe troppo, in termini di risorse umane, sfalciare a mano. Le Province esitano oggi in una situazione disastrosa dal punto di vista finanziario: davvero non abbiamo i fondi necessari». Ma salute e ambiente non possono essere legate alle sole ragioni economiche, obiettiamo. Replica Antoniotti: «Per questo motivo ci attiveremo da subito per trovare soluzioni adeguate.

Già nelle prossime settimane riuniremo i nostri tecnici migliori e valuteremo come ridurre il più possibile l’utilizzo del diserbante sulle nostre arterie».  Un piccolo passo verso una comunità più sostenibile? Noi, per certo, terremo aggiornati i lettori.

m.v.

Le tecniche naturali alternative esistono, ma sono più faticose e anche più costose

Al diserbante chimico esistono alcune alternative naturali. Innanzitutto le tecniche agronomiche, che permettono di pianificare il verde e renderlo funzionale invece di eliminarlo. Non sempre, infatti, è dannoso per i coltivi. Poi, esiste l’utilizzo di mezzi meccanici (tosaerba, decespugliatore) oppure la rimozione a mano dell’erba infestante. Abbiamo spesso parlato anche dello sfalcio manuale, che si sta tentando in alcuni vigneti grazie al progetto portato avanti dalla Falci di Dronero. Anche il pirodiserbo risulta efficace: con piccoli macchinari da portare sulle spalle o da tirare con un carrettino, composti da una bombola di gas e da un ugello regolabile, è possibile, utilizzando fuoco e calore, ottenere il risultato. Il Comune di Cuneo ha imposto la svolta, pur con qualche difficoltà. Tecniche più semplici sono costituite, ad esempio, dall’impiego del sale da cucina, se il lavoro dev’essere fatto su vialetti e passaggi: la tecnica non va usata nei campi, perché rovina il terreno. Infine l’aceto: il Centro sperimentale di Laimburg (in provincia di Bolzano) ha condotto studi che ne hanno dimostrato gli effetti positivi.

m.v.

Alba-Barolo, biglietto da visita molto brutto

Edmondo Bonelli è un agronomo albese operativo nel territorio, che si batte in favore dell’ambiente.

Perché il diserbante fa male a uomini e natura?

Diserbo chimico: ingiallisce le erbacce, uccidendo la vita«Le molecole utilizzate per il controllo chimico delle erbe definite “infestanti” in viticoltura sono quattro e le problematiche che generano sono sostanzialmente due: la prima è legata alle molecole stesse che, pur essendo frutto di anni di sperimentazione e controlli, hanno una capacità di degradazione non totale: una parte entra cioè nei cicli biologici e nelle acque. Oggi ancora non conosciamo le possibili conseguenze nel medio e lungo termine di questa diffusione. Il secondo problema è che con l’eliminazione totale della copertura erbosa si genera erosione, degradazione della sostanza organica nei suoli e perdita molto elevata di biodiversità, anche se in vigneto si diserba solo sotto la fila, mentre il centro del filare è gestito meccanicamente».

Come si riconosce una vigna o un terreno diserbato?

«In genere i diserbanti chimici provocano disseccamento totale o parziale delle infestanti, quindi lo notiamo da aree innaturalmente secche, non causate cioè dal gelo o dalle fasi siccitose».

Quali alternative realistiche esistono?

«La viticoltura può fare a meno dei diserbanti. Questo perché la vite può tranquillamente convivere con le specie erbacee, traendone tra l’altro alcuni vantaggi. È chiaro che si renderà necessario sfalciare periodicamente il vigneto per impedire la crescita incontrollata dell’erba. Ed è vero che questo ha un costo superiore rispetto al diserbo chimico e richiede il consumo di carburante. Non scordiamo, però, che la presenza di un certo numero di specie erbacee comporta un livello molto alto di biodiversità nel vigneto, paragonabile a quella di un prato arborato. E sappiamo che la vitalità e la produttività degli ecosistemi, compreso quello agricolo, dipendono dalla ricchezza di specie che è in grado di accogliere. L’abbandono del diserbo chimico – che in viticoltura è in diminuzione – va inteso soprattutto in questa direzione».

Che cosa può fare il singolo per contribuire a denunciare, diminuire, combattere l’uso di diserbante?

«Il cittadino dev’essere informato: la scelta comporta un impegno di risorse superiore per l’agricoltura e questo può incidere sui prezzi. Dopodiché le persone devono pretendere che l’Amministrazione pubblica ricorra al diserbo chimico con minor disinvoltura rispetto a oggi. Il recente diserbo lungo la strada provinciale Alba-Barolo è un triste esempio e un pessimo biglietto da visita per il turismo autunnale ormai in arrivo».

m.v.

Uno studio per le vigne di Langa indagherà sui residui fitosanitari

«Il glyphosate è uno degli erbicidi più usati, oggi al centro di un dibattito e di uno scontro mondiale», spiega il tecnico di Arpa (Agenzia regionale per l’ambiente) Enrico Rivella. Citando uno studio condotto da alcuni addetti dell’Ispra (Istituto superiore per la protezione e ricerca ambientale), aggiunge: «Persone, piante e animali possono essere facilmente esposti a questa sostanza durante le applicazioni. Tutti gli habitat naturali terrestri e acquatici caratterizzati da piante che si trovano nelle vicinanze di campi irrorati possono essere danneggiati e contaminati dall’erbicida. I residui vengono frequentemente ritrovati negli alimenti e nell’ambiente ed è tra le sostanze maggiormente diffuse nelle acque superficiali. Nel 2009, un tribunale francese ha stabilito che la Monsanto (principale produttrice, ndr) abbia mentito, affermando nella sua pubblicità che l’erbicida Roundup sia biodegradabile, ecologico e che lascia il terreno pulito». E aggiunge Rivella: «Il glyphosate è tossico a dosi minime, e gli esseri umani sono regolarmente esposti a piccole quantità di residui in alimenti di prima necessità come pane, cereali e lenticchie. I sintomi in seguito a esposizione a formulazioni a base di glyphosate sono: occhi gonfi, intorpidimento del viso, bruciore e/o prurito della pelle, vesciche, rapida frequenza cardiaca, elevata pressione sanguigna, dolori al petto, congestione, tosse, mal di testa e nausea».

Diserbo chimico: ingiallisce le erbacce, uccidendo la vita 3Sugli uomini il glyphosate provoca parecchie reazioni organiche, che a loro volta «possono contribuire alla genesi della maggior parte delle malattie e condizioni associate a una dieta occidentale: disturbi quali la celiachia, l’obesità, il diabete, ma anche malattie cardiache, depressione, autismo, sterilità, cancro e morbo di Alzheimer». E ancora: «Il prodotto può interferire con la frammentazione delle proteine complesse, lasciando masse di cereali nell’intestino umano che poi innescano una risposta autoimmune, portando a difetti nel rivestimento intestinale che sono caratteristici dei pazienti celiaci».

Visto che ancora numerosi contadini di Langa e Roero – a giudicare dalle parole di Gino Scarsi, come si può leggere nell’articolo di apertura di questo servizio – sembrano persistere nell’utilizzo di erbicidi di vario tipo, gli effetti epidemiologici di lungo raggio non vanno trascurati. Perciò, conclude Rivella, «stiamo conducendo uno studio specifico nelle vigne della Langa, con campionamenti di vegetazione. I campioni saranno poi analizzati dall’Ispra, con l’obiettivo di ricercare residui fitosanitari. Si tratta di confrontare tre aziende che utilizzano prodotti sistemici tra cui il glyphosate e tre che utilizzano protocolli biologici».

Per proseguire nella sua battaglia di sensibilizzazione, a ottobre Rivella organizzerà una giornata tecnica sul Tanaro a Magliano Alfieri con i volontari per la pulizia del fiume nell’ambito del progetto Vispo (un’iniziativa per un Po sostenibile).

Matteo Viberti

IL RICERCATORE: L’ISPRA APPARE MOLTO CRITICO SUL GLYPHOSATE

Pietro Massimiliano Bianco, dell’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), scrive in riferimento al rapporto Roundup e difetti neonatali: il pubblico deve essere tenuto all’oscuro? pubblicato nel 2011 da un gruppo di scienziati internazionali: «È emerso che l’industria e le autorità di regolamentazione dell’Unione europea erano a conoscenza rispettivamente dal 1980 e dal 1990 che il Roundup, il diserbante più venduto al mondo, causava difetti di nascita, ma non si è ritenuto di dover informare del fatto il pubblico. Le alterazioni indotte dal glyphosate infatti possono contribuire alla genesi di disturbi quali la celiachia, l’obesità, il diabete, ma anche altri importanti disturbi dell’organismo quali le malattie cardiache, la depressione, l’autismo, la sterilità, il cancro e la malattia di Alzheimer».

m.v.

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