Torniamo a gridare il Vangelo con la nostra vita

PENSIERO PER DOMENICA – XXIX TEMPO ORDINARIO – 20 OTTOBRE

Per la Giornata missionaria mondiale, non poteva esserci provocazione più forte delle parole di Gesù con cui si chiude il brano di Vangelo odierno: «Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc 18,1-8). Le statistiche sul calo della pratica religiosa e sul venir meno della fede trovano conferma nella semplice osservazione dei partecipanti abituali alle celebrazioni liturgiche e ai momenti di catechesi: viviamo in terra di missione.

Il primo passo della missione è farci carico dei problemi di tutti, come ci suggerisce il Papa con il Sinodo sull’Amazzonia. Testimoniare Cristo oggi significa provare a trasmettere quanto la Scrittura ci ha rivelato: a Dio stanno a cuore tutti i nostri problemi, non solo quelli spirituali. Interessarci della qualità dell’aria che respiriamo e dei mutamenti climatici che ci minacciano è provare a leggere la storia con gli occhi del Creatore.

Torniamo a gridare il Vangelo con la nostra vita
Mosè riceve la Legge, arazzo dei fratelli Karcher.

Il cuore della missione è l’annuncio della Parola. Bellissime e molto concrete le indicazioni della 2Timoteo (3,14-4,2): innanzitutto conservare gelosamente, come si fa con un tesoro, la fede ricevuta da bambini, in particolare la conoscenza della Scrittura. Conoscenza che va approfondita, perché è ciò che fa diventare adulti nella fede, capaci di «insegnare, convincere, correggere, formare alla giustizia». Segue poi l’annuncio, che ha bisogno di costanza e pazienza: «Insisti in ogni occasione opportuna e non opportuna, ammonisci, rimprovera, esorta». Teniamo presente che non esiste solo l’annuncio esplicito, a parole. In molti contesti, oggi, è impossibile, perché passibile di persecuzione; o sconsigliabile, perché produrrebbe una reazione di rifiuto rabbioso. Rimane l’ultima possibilità: «Gridare il Vangelo con la vita». Anche questo è missione.

L’anima della missione è la preghiera. Curiose e un po’ paradossali le due scene evocate dal libro dell’Esodo (17,8-13) e dalla parabola di Gesù: Mosè che con le mani alzate prega per il suo popolo e la vedova importuna che, con la sua insistenza, smuove anche il giudice disonesto. Accompagnare con la preghiera chi vive la missione sul campo è cosa che possiamo fare tutti. Ed è utile anche pregare per fatti e problemi apparentemente lontani. Come ha suggerito “Dom”Adriano Ciocca, vescovo italiano che vive in Amazzonia, i partecipanti al Sinodo in corso devono “sentire” la preghiera di tutta la Chiesa, per avere il coraggio di chiamare le cose con il loro nome e proporre quei cambiamenti realistici, ma radicali, di cui la Chiesa e il mondo d’oggi hanno bisogno.

Lidia e Battista Galvagno

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