Coronavirus: il bilancio dopo due mesi dal primo caso

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ALBA A due mesi dal primo caso di Covid-19 l’Italia comincia a vedere dei dati positivi, con il calo dei decessi sotto le 500 unità per il secondo giorno consecutivo e 98 ricoveri in meno in terapia intensiva.

«Complessivamente il 19 aprile è stata giornata positiva, che conferma il trend al ribasso sotto tutti i punti di vista, anche se non c’è ancora una fase discendente per quanto riguarda i nuovi casi positivi», osserva il fisico Giorgio Sestili, fondatore e curatore della pagina Facebook Coronavirus dati e analisi scientifiche.

I ricoveri sono stati 26 in più, un numero basso rispetto al record di 1.100 in 24 ore registrato nei giorni scorsi, mentre i nuovi casi sono stati 3.047, con un incremento di 486 rispetto a ieri, quando l’aumento era stato di 809. A due mesi dal primo caso di Covid-19 in Italia, rileva Sestili, ci si chiede come mai il nostro Paese, dove il lockdown è cominciato prima, ci sia ancora un numero così alto di contagi e decessi e il tasso di letalità più alto al mondo. «Spagna e Germania hanno un numero di casi simile al nostro, ma sono riuscite a mantenere il tasso di letalità più basso e a ridurre la curva dei decessi prima di noi», osserva.

Una delle possibili risposte potrebbe essere nel numero dei tamponi: la Germania ne ha fatti 2 milioni, contro 1,3 milioni dell’Italia, e li ha eseguiti al ritmo di 500mila a settimana, riuscendo a controllare la situazione. Considerando il rapporto fra tamponi eseguiti e casi positivi, i Paesi virtuosi risultano essere quelli asiatici, soprattutto Vietnam, Hong Kong e Corea del Sud. Qui, in particolare, circa 51 tamponi per ogni positivo hanno permesso di ricostruire esattamente la propagazione dei contagi. Bene anche l’Australia. In Europa occupano i primi posti la Grecia, la Germania e il Portogallo.

Tra i 20 Paesi peggiori c’è purtroppo l’Italia, con 7,4 tamponi per ogni caso, seguita dagli Stati Uniti con 5 e dalla Francia con 3. Ancora in tema di bilanci a due mesi dal primo caso di Covid-19 in Italia, la situazione nelle regioni italiane risulta essere decisamente eterogenea. In Lombardia per esempio, prosegue Sestili, si concentrano il 36% dei casi e il 51% dei decessi complessivi registrati in Italia. Il 70% dei casi italiani e il 77% decessi si concentrano nelle quattro regioni del Nord più colpite (Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte e Veneto). Le regioni del Sud «sono riuscite a contenere bene la situazione» osserva l’esperto, al punto che Sicilia, Sardegna, Campania, Puglia, Basilicata e Calabria registrano meno di 15 casi ogni 10mila abitanti. Lazio, Molise, Abruzzo e Umbria contano invece meno di 35 casi ogni 10mila abitanti e tutte le regioni settentrionali più Toscana e Marche hanno oltre 40 casi per ogni 10mila abitanti. Tutto il Sud in questo momento, comprese le isole e il Molise, mostra un tasso di crescita inferiore alla media nazionale del 2%: sotto il 2% anche Lombardia e Veneto, mentre l’Umbria scende allo 0,3% riportando al momento il risultato migliore a livello nazionale; in Piemonte la crescita è ancora del 3,7% ed è superiore alla media nazionale anche il Lazio con il 2,5% con la Toscana (oltre 2%). Quanto ai tamponi, il Veneto è al primo posto in Italia, con oltre 500 tamponi eseguiti ogni 10.000 abitanti, seguito da Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige (più di 350), le altre regioni settentrionali, con Umbria e Abruzzo (oltre 200), Lazio, Sud e isole (meno di 150).

Ansa

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