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L’Asl Alba-Bra capofila per le cure al domicilio

Sono state costituite le Usca, Unità speciali per l’assistenza: 14 medici sul territorio

L’Asl Alba-Bra capofila  per le cure al domicilio

EMERGENZA COVID-19  Nella lotta al coronavirus, gli ospedali sono solo una parte del sistema sanitario, quella in cui si curano i pazienti con i sintomi più gravi, che arrivano in corsia con quadri clinici già compromessi. Il resto della battaglia si combatte sul territorio, in ogni casa in cui viene monitorato chi è asintomatico o presenta sintomi che non necessitano di ricovero, ma anche chi viene considerato un caso sospetto, con un quadro compatibile con il Covid-19. Nella nostra Asl, secondo l’ultimo aggiornamento, parliamo di almeno 600 pazienti in isolamento domiciliare fiduciario. Ma è una cifra provvisoria, in continuo aumento.

Per seguirli, serve un monitoraggio costante. Una mole di lavoro che non può ricadere esclusivamente sui medici di famiglia, che devono garantire assistenza anche a tutti gli altri pazienti non affetti dal temibile virus. È per questo che, a livello ministeriale, alle Asl è stata data la possibilità di istituire le Unità speciali di continuità assistenziale (Usca), squadre di medici chiamati a monitorare e gestire tutti coloro che, pur malati, si trovano a casa.

In Piemonte, la prima Asl ad aver attivato concretamente le Usca è stata la Cn2: ne fanno parte 14 medici, di cui sette operanti nell’Albese e sette nel Braidese. Secondo l’accordo, si potrà arrivare a quattro sedi, così da coprire il comprensorio in modo capillare. A rispondere alla chiamata sono stati sanitari che già lavorano come guardia medica nell’Asl Cn2, ma ci sono anche giovani iscritti al corso di specializzazione in medicina generale e neoabilitati. Il servizio, attivo dal 18 marzo, è nato dalla stretta collaborazione tra la Fimmg Cuneo, la Federazione italiana dei medici di medicina generale e l’Azienda sanitaria.

Partiamo dall’inizio: che cosa succede quando una persona manifesta sintomi riconducibili al coronavirus? Lo spiega Luciano Bertolusso, medico di famiglia con studio a Sommariva Perno e segretario provinciale della Fimmg: «La prima valutazione spetta al medico di famiglia o al pediatra di libera scelta, se si tratta di un bambino. In base alla valutazione dei sintomi e alla conoscenza del paziente, il medico proverà con una terapia. Se questa non avrà effetto, allora la diagnosi di Covid-19 diventerà sempre più probabile e si procederà a informare il Sisp, il Servizio di igiene e di sanità pubblica dell’Asl».

È a questo punto che la persona diventa ufficialmente un sospetto, che potrà essere confermato o meno con il tampone solo in caso di contatti stretti con un positivo conclamato. Altrimenti non si esce dal dubbio, a meno che la situazione non precipiti, tanto da richiedere il ricovero. Per entrambe le situazioni, se non si necessita subito di ospedalizzazione, inizia la fase del monitoraggio al domicilio, per valutare l’evolversi della situazione. È qui che intervengono le Usca: «Può essere lo stesso medico ad attivarle, così come il pediatra o la guardia medica, se è quest’ultima a intervenire per prima. Così come può essere il Sisp, che ha la responsabilità generale di tutti i pazienti Covid-19 positivi. Infine, la segnalazione può arrivare dall’ospedale, quando si tratta di pazienti dimessi, che tornano al domicilio dopo aver superato la fase più critica. Il concetto chiave è quello di creare figure in grado di affiancare i medici di famiglia nella loro attività giornaliera, instaurando vere e proprie collaborazioni operative», spiega Bertolusso.

Una volta che l’Usca interviene, ci potranno essere diverse modalità per monitorare i pazienti: «Per i casi con sintomatologia lieve, il monitoraggio avviene al telefono, chiedendo una serie di parametri. Anche perché i medici Usca sono attrezzati con tutti i dispositivi di protezione necessari, ma non ne hanno in abbondanza e per questo vanno razionalizzati al meglio. Per i casi più complessi, invece, viene effettuata la visita al domicilio. Dopo ogni intervento, dev’essere compilata un’apposita scheda di monitoraggio, che viene inviata al medico curante e al Sisp, che in questo modo vengono informati sull’evolversi della situazione».

Francesca Pinaffo

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