L’emergenza ha detto chiaro che gli ospedali non bastano

Fazio guiderà la task force del Piemonte: «I pazienti Covid-19 si sono trovati privi di un sistema in grado di prenderli in carico e tutto è ricaduto sui nosocomi, anche per i casi curabili a domicilio»

L’emergenza ha detto chiaro che gli ospedali non bastano

L’INTERVISTA  Potenziamento della rete territoriale, aumento dei tamponi e un piano per il lungo periodo: Ferruccio Fazio, nominato dal governatore Alberto Cirio alla guida del gruppo di esperti che dovrà rimettere in riga la sanità piemontese, ha le idee chiare. Classe 1944, ministro della salute con Silvio Berlusconi, è sindaco di Garessio. Prima di essere un politico, Fazio è un medico nucleare, il pioniere in Italia dell’utilizzo della Pet, strumento fondamentale nella diagnosi e nel monitoraggio delle cure oncologiche.

Soprattutto, fu lui a gestire in Italia la minaccia dell’H1N1, l’influenza suina del 2009. La nomina non è casuale, alla luce dei duri attacchi che da molti fronti vengono mossi nei confronti dell’Unità di crisi e della Regione. La task force presieduta dall’ex ministro è al lavoro per traghettare la sanità piemontese verso la fatidica Fase 2 dell’emergenza. «Entro il 4 maggio, presenteremo le prime indicazioni. Ma il grosso del lavoro sarà pronto per settembre», annuncia a Gazzetta d’Alba.

Fazio, cosa pensa della gestione piemontese dell’emergenza coronavirus?

«Ci sono stati errori, in parte determinati dalle scelte del Governo, poi ricadute sulle Regioni. Però, in altre aree ci si è organizzati in modo autonomo. Mi riferisco al Veneto e alla Toscana, che hanno puntato sulla rete territoriale e sul tracciamento dei positivi attraverso i tamponi. Quando ho incontrato per la prima volta il governatore Alberto Cirio, sono questi gli aspetti che ho sottolineato: serve una regia, ma soprattutto un sistema capillare a livello locale».

Negli ultimi mesi, che cosa è accaduto in Piemonte?

«Come in Lombardia, la rete territoriale è crollata, vittima di una visione della sanità incentrata sugli ospedali. È un problema che esisteva già, ma l’emergenza ne ha portato alla luce la drammaticità, perché è mancato il primo anello della catena, il più importante. Le persone si sono ritrovate senza un sistema in grado di prenderle in carico, con la conseguenza di far ricadere il peso sugli ospedali, anche per i casi che non necessitavano di ricovero. Un disegno regionale in grado di coinvolgere i medici di medicina generale, con la presenza degli infermieri a domicilio, garantisce una prevenzione migliore e cure più efficaci, oltre a implicare costi minori. Ed è proprio questo il punto centrale del lavoro che porteremo avanti».

Può fare qualche esempio di come potrebbe essere potenziata la rete territoriale?

«Sarebbe fondamentale consentire ai medici di base di gestire direttamente la questione dei tamponi, insieme ai distretti. E, allo stesso tempo, dotarli di strumenti diagnostici che permettano loro di valutare la stadiazione dell’infezione, come semplici ecografi polmonari, da utilizzare a domicilio. Lo stesso discorso vale per la prescrizione dei farmaci contro il Covid-19, come l’eparina. Su questo fronte, però, servono protocolli da adottare in tutta la regione. Fondamentale è anche il potenziamento della medicina in rete, con più medici che collaborano. In Piemonte, sono aspetti sui quali non sono mai stati investiti fondi: non dimentichiamoci che la Regione è stata vittima di pesanti tagli alla sanità».

I tamponi in Piemonte continuano a essere in numero inferiore rispetto al Veneto: condivide questa linea, Fazio?

«Il Piemonte si è attenuto alle indicazioni governative, che non condivido: il Veneto ha scelto di seguire una propria linea. Il mio pensiero è che i tamponi andrebbero fatti non solo ai sintomatici, ma anche a tutti i contatti stretti dei positivi, pure se non presentano sintomi. Lo stesso discorso vale per i medici, gli infermieri e gli operatori della sanità. Non si può che condividere le critiche avanzate dai sindacati, che chiedono più tamponi, persone che rischiano la vita ogni giorno: è un loro diritto. In generale, ritengo che, senza un vaccino, i tamponi rimangano lo strumento più efficace che abbiamo a disposizione, oltre a essere molto semplici da attuare».

Pensa sia necessario effettuare tamponi a tappeto pure nelle residenze per anziani, un altro nodo critico?

«Secondo la mia visione, i tamponi a tappeto sono l’unico modo per tenere sotto controllo la situazione nelle Rsa, molto di più rispetto ai test sierologici di cui si parla tanto. L’ideale sarebbe procedere con una campagna in tutte le strutture, al di là di positività accertate o meno. Sono luoghi in cui il contagio è inevitabile ed è necessario avere una mappatura completa. È necessario agire al più presto: oltre a un dovere morale, parliamo di strutture convenzionate con il pubblico, che fanno a tutti gli effetti parte della rete regionale. Su questo fronte, non ha senso fare distinzione tra pubblico e privato».

Il Governo propone la creazione di Covid-19 hospital per ogni regione, per gestire la Fase 2 dell’emergenza: ritiene sia una soluzione praticabile in Piemonte?

«In Piemonte, come nelle altre regioni, è una soluzione che non ha alcuna utilità. Più ragionevole è mantenere nella rete ospedaliera un numero sufficiente di reparti Covid-19, riprendendo al contempo con le normali attività. E, nel frattempo, occorre sviluppare sul territorio strutture per la lungodegenza dei pazienti che hanno superato la fase acuta, in modo da non sovraccaricare i nosocomi: anziché fare ancora l’errore di pensare solo agli ospedali, bisogna ragionare in chiave circolare: dal territorio all’ospedale, per tornare al territorio».

Come sarà la Fase 2?

«Il lockdown è stato necessario, perché sarebbe stato impossibile raggiungere anche il più piccolo dei risultati. Oggi non si può continuare con la politica dello “stare in casa”, ma è fondamentale mantenere il distanziamento sociale: niente assembramenti, distanza interpersonale di due metri e mascherine per tutti. Il resto, poi, dipenderà dall’evolversi dell’epidemia, che potrebbe anche ripresentarsi in autunno: dobbiamo farci trovare pronti».

Francesca Pinaffo

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