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Coldiretti, nelle vigne l’evoluzione è verde, non la rivoluzione

The green experience si basa sul rifiuto dei diserbanti chimici e su di pratiche nuove e antiche nello stesso tempo

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VITICOLTURA Guardare la vite dalla parte delle radici. Non è una battuta: partono da qui le pratiche agronomiche di The green experience, accordo per la sostenibilità agricola che, da otto anni, Coldiretti Cuneo propone agli imprenditori del vino fra Langhe e Roero. I numeri nell’Albese sono: cento aziende su mille ettari (circa il 7 per cento del territorio vitato cuneese), che producono in 28 Comuni sei milioni di bottiglie di 15 vini a denominazione d’origine.

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Il tecnico Coldiretti Fabrizio Rapallino

«Da quel che si legge parlare di inquinamento da agricoltura, specie in questi ultimi tempi, rischia di diventare una moda. Una deriva da evitare»: parola di Fabrizio Rapallino, responsabile di Coldiretti per la viticoltura in Granda. «Basta puntare indiscriminatamente il dito: bisogna distinguere fra chi resiste al cambiamento ecologico – e c’è – e chi cavalca l’onda dei facili ambientalismi per fare business e mette sotto stress concetti importanti».

Non si tratta di negare responsabilità che, in alcuni casi, sono sotto gli occhi di tutti: «La vigna dev’essere anche bella alla vista; feriscono i filari gialli per il diserbante. È vero, però, che sono molti i viticoltori attenti a questi temi». Su questo sentire comune si innestano le proposte di Coldiretti, che declinano l’impegno delle aziende su tempi lunghi: bandite le rivoluzioni, c’è spazio per l’evoluzione.
«I mutamenti richiedono tempo, non si fanno con uno schiocco di dita», spiega Rapallino. «Se chiedo a un agricoltore di cambiare da oggi a domani il suo modo di produrre, forse mi dirà che non è interessato». Su un aspetto però non si transige: «Chi aderisce al progetto deve rinunciare ai diserbanti. Non una scelta da poco: la chimica è una scorciatoia, costa meno. Per le aziende vuole dire attrezzarsi con macchinari e usare più manodopera per la gestione del sottofilare».

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Il presidente Coldiretti Roberto Moncalvo

«È una retro-innovazione: riprendiamo dal passato alcune lavorazioni e aggiungiamo competenze tecniche nuove». Il presidente regionale di Coldiretti Roberto Moncalvo parte da qui. «Il nostro scopo è di diffondere buone pratiche, un discorso che prescinde dalle certificazioni. Si è deciso di adottare, sistematizzandole, le scelte operate da alcune realtà vitivinicole. Non è solo promozione di un metodo, ma sostenere una sensibilità che fa bene a paesaggio e ambiente».

Davide Gallesio

Rapallino: «Le erbe sono nostre alleate», basta saperne leggere i segnali. E rendere i filari un microambiente naturale

The green experience è un disciplinare ad adesione volontaria in tredici punti: la scelta delle voci da rispettare è libera e progressiva. Spiega Rapallino: «L’accordo va oltre il biologico perché non si limita a togliere, ad esempio prodotti e trattamenti, ma aggiunge nuove pratiche di coltivazione». L’obiettivo è arrivare ad avere un terreno ideale per la vite: tutto parte dal suolo.

«Ci siamo accorti che la vite è debole per via del terreno martoriato». Il diserbante è il principale indiziato, perché «sterilizza il terreno; poi i trattori compattano il suolo e si fanno arature non necessarie». Nel terreno elementi come le micorrize, funghi che si sviluppano in simbiosi con le radici delle piante e ne accrescono il vigore, creano negli strati del suolo equilibri delicati: «Le arature sono dunque utili per modificare la composizione del terreno ma, se fatte senza una ragione, turbano dal punto di vista microbiologico quei quaranta centimetri di terreno essenziali per le viti».

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Come capire qual è l’equilibrio? Basta vedere quali erbe spontanee crescono fra i filari: «In un terreno povero avremo piante fissatrici d’azoto; in uno ricco prevarranno le graminacee: le erbe sono nostre alleate». Basta saper leggere i segnali. I vecchi lo sapevano, non con la scienza, ma con l’esperienza: per questo seminavano grano fra i filari o piantavano patate e ceci a seconda dei terreni.

La concimazione è uno dei punti sotto la lente: «Per molto tempo concimare ha significato azoto, fosforo e potassio». Oggi qualcosa è cambiato: l’apporto di sostanza organica rimpiazzai concimi da sintesi. La chiave sono sempre le erbe dell’interfilare: «Una volta sfalciate possono essere interrate: è il sovescio».
Ma ci sono altri impieghi: «Lasciate a copertura, in superficie, creano una pacciamatura naturale che limita l’erosione, contiene l’evapotraspirazione e conserva l’acqua in periodi di siccità». Fiori ed erba si traducono in nettare e pascoli per le api e gli ovini fra i vigneti, senza dimenticare uccelli e insetti: «I pipistrelli predano i lepidotteri che di notte risalgono dal terreno e mangiano le gemme dei capifrutti. Si evita, in questo modo, la raccolta manuale». Al posto degli insetticidi si usano sistemi per creare confusione sessuale e così limitare la riproduzione di specie che sono nocive.

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