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Il progetto sperimentale We care è un’officina di solidarietà

Orti sociali, più attenzione agli spazi comuni, soccorso a bambini e anziani: così gli abitanti di alcuni quartieri albesi e dei paesi di Langa e Roero tornano ad aiutarsi

Il progetto sperimentale We care è un’officina di solidarietà

IL PROGETTO A inizio luglio, nel quartiere Piave di Alba, Anna cerca di sfilare un pezzo di mattone dalla bocca di un cane: per qualche strana ragione l’animale sembra prediligerne la consistenza. La proprietaria sembra rassegnata.

Tutti ridono per lo strano vizio. C’è un clima allegro e operoso: persone che prima non si conoscevano si ritrovano a condividere dettagli di vita quotidiana. Sono attimi di spensieratezza che si colgono in un luogo solitamente in disuso, trascurato: l’area verde che sorge all’interno del quartiere, circondata dai grandi palazzi che sembrano proteggere il giardino da sguardi indiscreti. Fino a poche settimane fa questo fazzoletto di erba con scivolo e altalena era considerato una zona grigia, frequentata da personaggi sospetti. Oggi lo spazio sembra riguadagnare vita e rompere il pregiudizio. Il cane che trasporta un mattone è una scena dall’apparenza innocua, in verità custode di un valore simbolico: il riscatto di un quartiere urbano caratterizzato da elevata difficoltà socioeconomica, che inizia a guadagnare consapevolezza e ad aiutare sé stesso.

Nelle ultime settimane, nel quartiere Piave sono state realizzate pulizie, riunioni, laboratori per bambini, giochi collettivi. Si cerca insieme di capire come aiutare i residenti in difficoltà, ma questa pianificazione non arriva dall’alto o dagli operatori sociali, che svolgono soltanto una funzione facilitatrice: sono gli stessi residenti a immaginare soluzioni di mutuo aiuto.

Questa nuova “filosofia della reciprocità” non rimane vincolata soltanto al quartiere Piave ma si sta diffondendo altrove: a Santa Margherita di Alba, a Canale e anche in varie zone dell’alta Langa. Anche qui si realizzano gruppi di studio per bambini, coltivazione di orti sociali, pulizia delle strade, supporto agli anziani, spese solidali, laboratori, trasporti collettivi.

Che accade? Tutto è iniziato nel 2019, quando la Regione Piemonte ha avviato un progetto finanziato dall’Unione europea dal titolo We care. Nel territorio di Langa e Roero, con il coordinamento del consorzio socioassistenziale, lavorano a questo grande cantiere sperimentale le cooperative sociali Alice, Progetto Emmaus, Cos e Terra mia. Si tratta di un intenso lavoro di rete che tenta di recuperare qualcosa in via di estinzione nel tessuto sociale odierno: l’aiuto reciproco, la rottura degli individualismi per il raggiungimento di un migliore vivere comune. Spiega Marco Bertoluzzo, direttore del consorzio: «We care è un progetto sperimentale che vuole superare la procedura tradizionale della presa in carico della singola persona in difficoltà socioeconomica da parte dei servizi: il tentativo è di proporre un modello capace di trascendere l’assistenzialismo. L’idea di base di We care è semplice: se pensiamo unicamente a noi stessi, sfruttando la risorsa pubblica per realizzare i nostri obiettivi quotidiani ma non preoccupandoci dell’altro, non potremo generare reale benessere e attivare le risorse esistenti nelle comunità».

Nei prossimi mesi il progetto prenderà ancora maggiore forza concreta. E Gazzetta d’Alba darà la parola ai protagonisti, alle persone che abitano nei quartieri, che attraverso la loro quotidianità cercano di trasformare la cultura dell’isolamento e della separazione in un nuovo modo di agire, pensare e vivere, uno a fianco dell’altro.

Piave pulito porta i ragazzi nei cortili

Elena Ferrero è un’operatrice della cooperativa Progetto Emmaus. Le sue parole raccontano il riavvio di We care dopo la quarantena. L’emergenza ha costretto ogni attività a una pericolosa interruzione. Spiega Ferrero: «Il quartiere Piave ad Alba a fine giugno ha visto la partenza del gruppo Piave pulito, che ha come obiettivo la cura dei giardini condominiali. Settimanalmente, inoltre, con alcuni volontari residenti, si organizzano giochi per i bambini nei cortili. È stato anche avviato un ciclo d’incontri con un gruppo di adolescenti per approfondire il loro vissuto e le speranze per il futuro: nelle prossime settimane faranno un’esperienza di registrazione in studio di canzoni scritte da loro stessi. A breve partirà, invece, l’attività negli orti della Moretta: un mattino alla settimana si farà pratica sul campo per la cura e la raccolta delle verdure di stagione».

We care non riguarda solo i quartieri albesi, ma anche le zone di Langa che storicamente corrono il rischio della marginalità geografica e quindi sociale. Spiega Mauro Bertolone, educatore della cooperativa Cos: «Dopo alcuni mesi di arresto il progetto è ripartito anche qui. È cambiata la strategia, non più incentrata sui trasporti, ma l’obiettivo di lungo periodo è invariato: creare pratiche di cittadinanza attiva. Ci si rivolgerà a tutta la popolazione, senza limiti di età. L’azione vorrebbe intercettare la voglia di ripartenza, di socialità e solidarietà su un territorio caratterizzato da distanze e spesso diffidenza, ma che ha saputo anche rispondere e attivarsi su proposte».

Giulia Castagno, operatrice della cooperativa Alice attiva nel quartiere Santa Margherita di Alba, mette in luce che, «il Covid-19 non ha aiutato la diffusione di We care, ma ha lasciato vuoti che quasi tutti sono disposti a riempire. La posizione che gli operatori ricoprono può inseguire un obiettivo: imparare a guardare oltre, generando speranza e allacciando legami».

Chantal Tito: in alta Langa il lockdown ha creato molto meno stress

Chantal Tito è un’assistente sociale del consorzio, operativa in Langa sul progetto We care. Spiega: «È sempre difficile agganciare i partecipanti in prima battuta. Poi, si scopre che hanno voglia di fare e di spendersi. L’alta Langa è abitata da pragmatici e noi operatori talvolta passiamo troppo tempo a teorizzare, rischiando di essere poco pratici. Mi piace la sfida di riuscire a essere concreti, traducendo la teoria in azioni semplici».

Il Covid-19 ha influito: «Dopo alcuni mesi di arresto è cambiata la strategia, non più solo incentrata sui trasporti solidali. La Langa è un territorio in cui la qualità della vita è medio-alta sotto il profilo sia economico che ambientale: per questo nel lockdown si è creato un livello di stress inferiore rispetto a quello di altre zone più disagiate. We care consente ora alle persone di ristabilire legami parzialmente sospesi in questi mesi».

Matteo Viberti

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