L’INTERVISTA Renzo Barberis è il direttore del dipartimento Arpa di Cuneo. L’attuale situazione ambientale, sebbene alcuni parametri siano in miglioramento rispetto al passato, sembra lontana dall’accettabilità.
Cosa aspettarsi nei prossimi mesi sul fronte di aria, acqua, suolo e delle temperature?
«Grandi passi avanti sono stati fatti in questi decenni nella difesa delle matrici ambientali. Se l’accettabilità sembra allontanarsi, è anche perché spostiamo continuamente il nostro traguardo verso obiettivi più ambiziosi. Preoccupa tuttavia l’aumento delle temperature correlato al cambiamento climatico. Stiamo correndo rischi in termini di gestione del territorio con frane, esondazioni, tempeste sempre più violente, così come in perdita di biodiversità o rischi di squilibri idrici che potrebbero mettere in crisi la nostra agricoltura. Ne deriverebbero ovviamente anche peggioramenti delle matrici ambientali, per acqua e suolo in particolare. È questa la vera urgenza su cui lavorare, correggendo i nostri comportamenti nel senso della sostenibilità e intervenendo con più decisione su quei fattori che sono all’origine dei cambiamenti climatici».
Parliamo della provincia di Cuneo: quali i suoi limiti e quali le risorse rispetto ad altri territori?
«Il Cuneese è caratterizzato da un territorio vasto ed eterogeneo, con ampie zone montuose ricche di risorse idriche. Queste aree contengono molti parchi e aree protette, ma devono ovviamente sopportare i flussi turistici e sono sottoposte agli stress ambientali conseguenti ai cambiamenti climatici. La loro gestione richiede attenzione ed equilibrio. Nella Granda inoltre non sono presenti centri urbani di grandi dimensioni, ma un certo numero di città medio-piccole che non presentano problematiche tipiche delle metropoli e che evidenziano generalmente una buona gestione ambientale, partecipata e spesso sollecitata dai cittadini».
È veritiero che uno dei principali problemi della provincia è rappresentato dal settore zootecnico?
«Un ruolo importante nella Granda è giocato dalle attività agricole presenti oggi su tutto il territorio provinciale. La superficie agricola utilizzata (Sau) rappresenta il 30 per cento di quella totale regionale. Nelle aree di pianura, inoltre, il numero elevato di grandi allevamenti suinicoli (il 70 per cento del patrimonio regionale), di bovini (53 per cento) e, in misura minore, di avicoli, porta un carico ambientale considerevole sia sulle falde idriche che sulla componente atmosferica, a causa dell’elevata presenza di composti azotati nei reflui. I problemi dei nitrati nelle acque e dell’ammoniaca e degli ossidi di azoto nell’aria richiedono una particolare attenzione da parte degli organi preposti al controllo».
L’emergenza sanitaria ha influito sui parametri ambientali?
«L’emergenza in poco tempo (un paio di mesi) ha concentrato una serie di interventi non ripetibili in condizioni normali. Alcuni cambiamenti si sono rivelati reali (la diminuzione degli ossidi di azoto, del benzene o del rumore), altri solo apparenti (le polveri sottili o l’acqua più limpida, ma in realtà poco meno contaminata). La progressiva riapertura sta riportando i valori sul periodo pre Covid-19, fatte salve le differenze stagionali. Ciò non toglie che questi cambiamenti temporanei abbiano fornito indicazioni interessanti, che dovrebbero essere quindi utilizzate dai decisori politici per velocizzare alcuni cambiamenti già in atto: a esempio nella politica dei trasporti o in altri settori. La natura ha dimostrato di saper rispondere in tempi brevi ai cambiamenti dei fattori di pressione; questo dovrebbe essere uno stimolo per agire su quei fattori cercando di modificarli in un modo che sia permanente».
Matteo Viberti