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Ad Alba è allarme per la movida

Per prevenire l'aumento dei contagi, anche all'aperto è necessario mantenere il distanziamento interpersonale e, qualora non fosse possibile, usare la mascherina.

ALBA  “La situazione non è ancora critica, ma molto significativa e necessita di interventi su più fronti”: lo dice il questore di Cuneo Emanuele Ricifari,  a proposito dell’ “allarme movida” che sembra interessare alcune aree del centro storico albese dal periodo successivo alla fine del lockdown, quando le persone sono tornate a frequentare i locali pubblici e a ritrovarsi nelle piazze. Il tema è stato affrontato giovedì scorso, durante il vertice che si è svolto nel palazzo comunale albese tra il sindaco Carlo Bo e le forze dell’ordine, con l’obiettivo di confrontarsi e muoversi  in modo congiunto su alcune problematiche cittadine.

Per quanto riguarda la movida, la questione riguarda soprattutto il fine settimana: complice la chiusura delle discoteche durante l’estate, bar e piazze sono diventati i nuovi punti di ritrovo, in cui una parte della popolazione si lascia abitualmente andare al consumo di alcool e non solo.

Ricifari: “Non siamo in presenza di un aumento del consumo di alcool, ma del fatto che si abbia una concentrazione di persone che ne abusano in pochi luoghi all’interno della città, con conseguenze evidenti. In base alle statistiche delle forze dell’ordine attive sul territorio, ad Alba registriamo circa dieci interventi ogni fine settimana, che vanno dagli schiamazzi all’arrivo  dell’ambulanza per persone in coma etilico o con evidenti problemi di salute dovuti all’abuso di alcool, in certi casi combinato a sostanze stupefacenti: per una città come Alba, sono senz’altro cifre significative”.

Chi sono i protagonisti di questi episodi? “Parliamo di persone con un’età compresa tra i 16 e i 45 anni, segno che l’abuso di alcool travalica anche i confini generazionali”. Una movida difficile da contenere, che va affrontata non soltanto con i classici strumenti di controllo  del territorio, come prosegue il questore: “Certamente ci sarà un incremento delle pattuglie, ma è una soluzione che non risolve il problema, perché non va a monte di questi comportamenti. Serve un’educazione a un consumo responsabile di alcool, adottando strategie mirate nei luoghi della movida: per esempio, si può pensare a volontari formati dal Comune per essere presenti nelle aree del centro più interessate dal problema, così da identificare le situazioni critiche prima che degenerino”. Per Ricifari, bisogna lavorare su tutti i livelli: “Dal Comune alle forze dell’ordine, ma anche le famiglie e le associazioni di categoria degli esercenti, dal momento che parliamo spesso di minori, ai quali tra l’altro è vietato somministrare sostanze alcoliche: con una strategia condivisa, siamo in tempo per affrontare e risolvere la situazione”.

Francesca Pinaffo

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