Il lockdown è mai terminato per chi vive in casa di riposo

Insediato in Piemonte l’Osservatorio permanente sulle Rsa

ANZIANI Qual è il limite tra tutela della salute e affettività, due elementi imprescindibili per il benessere di una persona? Se lo chiedono, da sei mesi, gli anziani che vivono nelle residenze assistite, per i quali il lockdown è mai finito. In alcuni casi luoghi di diffusione del contagio durante l’emergenza, oggi le Rsa continuano a essere parzialmente chiuse a contatti con l’esterno. Dalla Fase 2, qualcosa è cambiato, con la possibilità di organizzare visite con i familiari, ma sempre in modalità iperprotetta, spesso attraverso vetrate, mantenendo la distanza di oltre un metro e senza alcun tipo di contatto fisico.
Lo spiega Luisa, che vede sua madre una volta la settimana attraverso uno schermo in plexiglass, in un’area adiacente alla struttura del Roero in cui si trova: «Rispetto a qualche mese fa, almeno riusciamo a guardarci negli occhi. Ma, per una donna di novant’anni, parlare con la figlia a distanza, per non più di mezz’ora, è una sofferenza: ogni incontro comincia con le lacrime e separarsi è doloroso. La tutela della salute è al primo posto, ma mi chiedo quanto mia madre potrà vivere in queste condizioni, perché dal lato emotivo sta andando incontro a un progressivo decadimento».

La scorsa settimana, l’Istituto superiore di sanità ha aggiornato le indicazioni per le visite, i ricoveri e le attività di gruppo. Spiega il direttore sanitario dell’Asl Cn2 Mario Traina: «Per il momento si continua a seguire una linea il più possibile prudenziale. Ogni struttura deve redigere un protocollo sulle visite, da sottoporre alla Commissione di vigilanza dell’Asl». Le nuove indicazioni dell’Iss prevedono sempre visite in spazi dedicati, con percorsi di entrata e uscita appositi, in modo da limitare il transito di persone esterne negli ambienti in cui vivono gli anziani. Le visite dovranno continuare a essere effettuate su prenotazione, dopo un attento triage telefonico. I familiari devono indossare la mascherina e mantenersi alla distanza di almeno un metro, evitando ogni contatto. Ancora Traina: «Le regole vanno tarate sulle caratteristiche della struttura e sugli spazi disponibili. In generale, però, le residenze si sono organizzate con visite in giardino o in aree separate dalle zone comuni. Nel caso in cui l’ospite sia allettato o ci siano altre problematiche, la direzione sanitaria della Rsa può consentire l’ingresso del familiare, con opportuni controlli e dispositivi di sicurezza».

Ma, in presenza di un’eventuale seconda ondata di Covid-19, come garantire che non si ripeta il blocco totale dei contatti? «Oggi c’è una maggiore formazione. In questo momento, nella nostra Asl, tutte le Rsa sono Covid free. Ma è fondamentale mantenere alta l’allerta in chiave preventiva: a breve, inizieremo con una campagna di tamponi a ospiti e personale, da ripetere periodicamente».

Spolaore: «Costi maggiori e rischio carenza di personale»

L’albese Paolo Spolaore, oltre a essere presidente del consorzio Obiettivo sociale, che gestisce diverse strutture per anziani in tutto il Nord Italia, come la casa di riposo di Priocca, è anche rappresentante delle associazioni datoriali delle Rsa nell’ambito dell’Unità di crisi regionale. Nominato nel momento di massima emergenza, così valuta la situazione attuale: «Le Rsa non stanno attraversando un momento positivo dal punto di vista organizzativo e di funzionamento. I problemi segnalati dalle strutture sono due, a partire dal fatto che gli ingressi di nuovi ospiti siano diminuiti rispetto agli standard abituali, tra rinunce e famiglie che preferiscono aspettare, per valutare l’evoluzione della situazione sanitaria. Anche le Asl, per un lungo periodo, hanno sospeso i nuovi inserimenti di anziani con la convezione regionale e oggi si prosegue a rilento in molti casi (nella Cn2, sono 223 le persone in attesa, un dato peraltro in linea con il periodo precedente all’emergenza, ndr). Dal punto di vista economico, ci sono realtà che faticano a sostenere i costi di gestione, ai quali si aggiungono quelli per l’acquisto dei dispositivi di protezione e per garantire le misure sanitarie».

Paolo Spolaore
Paolo Spolaore

C’è poi un altro problema, che rischia di ripercuotersi anche sull’aspetto sanitario: «Purtroppo le Rsa continuano a faticare a trovare personale sanitario, infermieri e operatori, che preferiscono partecipare a concorsi pubblici e trovare una occupazione in ambito ospedaliero: il problema è che, in caso di un’eventuale seconda ondata, si rischia di non avere sufficiente copertura». Precisa Spolaore: «Stiamo chiedendo maggior sostegno per le strutture sanitarie, che hanno vissuto momenti drammatici, ma che non devono essere lasciate sole: parliamo di realtà private, ma che esercitano un forte ruolo sociale». Il problema del personale è percepito anche nella residenza per anziani di Rodello, una delle più grandi dell’Asl Cn2, come spiega Danilo Montrucchio, direttore generale della fondazione Santi Lorenzo e Teobaldo che gestisce la struttura, insieme a quella di Cerretto Langhe: «Nel nostro caso, non abbiamo problemi nell’occupare i posti disponibili, ma ci preoccupa il futuro dal punto di vista del personale. Il rischio di trovarsi con addetti in numero insufficiente agli ospiti è dietro l’angolo e servirebbe qualche intervento a sostegno delle Rsa, dal momento che siamo realtà importanti dal punto di vista sociale».
Nonostante il periodo, a breve la fondazione inizierà i lavori di ristrutturazione di gran parte della struttura di Cerretto: «Forse non è il momento migliore per fare investimenti, ma pensiamo che al primo posto resti l’offerta del miglior servizio ai nostri ospiti, nonostante tutte le difficoltà».

Francesca Pinaffo

Anziani come carcerati: una donna si appella al presidente della Regione, all’assessore alla sanità e al sindaco di Alba

Tre lettere e molti mesi di attesa prima di rivedere il padre: la storia di Jessica Cerrato ha un lieto fine conquistato con tenacia. «Mio padre è in casa di riposo, dal 23 febbraio non lo vedevo. Non posso lamentarmi del livello d’efficienza e delle cure, impeccabili. Ma mi pare segregato. Solo da giugno, attraverso un interfono, ero in grado di mostrargli il mio volto e quello dei miei figli per venti minuti a settimana». Il padre di Jessica è affetto da Alzheimer: «Ho tentato di assisterlo in casa con l’aiuto di badanti, ma quando la situazione si è aggravata non ho avuto scelta», ha spiegato la donna in un passo della lettera scritta al sindaco di Alba Carlo Bo. «Nei giorni scorsi (la vicenda risale al 10 settembre) mi sono presentata nel cortile della struttura con i miei due figli», riprende Jessica.

«Una delle assistenti mi ha però detto che i ragazzi dovevano uscire, perché creavamo assembramento. A questo punto ho fatto notare che apparteniamo allo stesso nucleo familiare e che non li avrei mandati ad aspettare sulla strada: la giustificazione è stata un lapidario “non dipende da noi: sono le direttive”».
Una posizione che ha lasciato nella donna più d’un dubbio: «Mi hanno poi detto che anche durante le conversazioni all’interfono avrei dovuto avere una mascherina. Mi sono opposta: mio padre è affetto da afasia e sente poco. Le conversazioni sono un mio monologo: se mi metto anche una mascherina, non riesce neanche a vedere il mio volto. E poi ci parliamo attraverso un vetro e non c’è alcun contatto!».

Alla fine Jessica ha deciso di non starci: ha preso carta e penna e ha scritto a Cirio, Icardi e Bo. E qualcosa in effetti si è mosso, perché «il sindaco ha contattato la struttura per chiedere chiarimenti; il presidente Cirio mi ha comunicato che le linee guida non sono così stringenti e lasciano libertà ai direttori delle case di riposo», spiega. Così i meccanismi, quelli giusti, si sono rimessi in moto: «Ho potuto rivedere di persona mio padre e lo stesso è accaduto con altri ospiti. Le visite sono state aperte ad altri parenti».

Un lieto fine che potrebbe segnare una svolta per centinaia di anziani nelle Rsa, in attesa da mesi di rivedere i loro cari: «Serve un po’ di buon senso», commenta ora Jessica.
«Chi soffre di patologie degenerative, come mio padre, o sta perdendo lucidità mentale, non può permettersi di aspettare la fine della pandemia per rivedere i suoi familiari».

Davide Gallesio

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