Abitare il piemontese: scopriamo il significato di Dësblé

Bozza automatica 304

DËSBLÉ Distruggere, debellare, rovinare, demolire, disfare.

Nelle scorse settimane vertevano suggestioni attorno alla rubrica. Tra le tante mi piacerebbe ringraziare chi legge con cura e ritaglia regolarmente le puntate, mi fa felice scrivere sapendo questo. Il lavoro che sto svolgendo da alcuni anni, in collaborazione con una serie di persone ed entità, ha il privilegio di non dover inventare nulla di nuovo, ma riportare alla luce qualcosa che esiste da tantissimo tempo. A volte l’operazione è riconosciuta come culturale, addirittura meritevole! altre volte scoraggiata o ritenuta poco necessaria da soggetti accomunati da stati d’animo autoreferenziali che annunciano la via d’estinzione del piemontese, sentendosene depositari e inveendo contro lo scarso interesse delle nuove generazioni: il cimitero di una lingua.

A proposito, questa settimana è previsto il verbo dësblé. La radice dës fa presagire nulla di buono; basti pensare a dës-centrà o dës-gust. E così dësblé significa disfare, forse più letteralmente debellare, ma in piemontese racchiude un senso catastrofico: rompere, distruggere, spappolare, sfasciare. Gli ambiti di pertinenza sono vari; dësblé può riguardare un oggetto completamente sciupato, la demolizione di un edificio, una zona disboscata oppure una situazione guastata nel peggior modo possibile. Per non parlare di una relazione terminata male, oppure di una persona che, in senso figurato, è andata in rovina.

Il Repertorio etimologico piemontese fa riferimento a più soluzioni etimologiche: la radice DIS con il lemma celtico BLATO, oppure il germanico BLAD (fiore, frutto, biada grano) aggiungendo la desinenza ARE, vale a dire mietere. Vi è anche un interessante raffronto tra il francese antico deblaer e il francese moderno déblayer. Ciò di cui si è abbastanza certi è l’improbabile BELLUM latino.

Si tratta di un verbo così evocativo da meritare anche un sostantivo. Dësbela infatti è il termine corretto per apostrofare bambini discoli o adulti dal carattere turbolento; solitamente lo si dice a chi piace mettere i bastoni tra le ruote, ostacolando l’attività altrui. Spesso si tratta di individui rompiscatole, fracassoni, dissipatori. La lingua è di chi la parla, di chi la scrive e comprende, di chi la abita. Solo in questo modo può dirsi  viva.

Paolo Tibaldi

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