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Remo Lovisolo, che vendemmia oltre l’oceano Atlantico

L'energico novantaduenne è nato nell’Astigiano e vive dagli anni Cinquanta a São Roque in Brasile, nello Stato di San Paolo. Qui con il padre aprì anche la propria cantina

Remo Lovisolo, che vendemmia oltre l’oceano Atlantico
Remo Lovisolo, nato a Nizza Monferrato ed emigrato in Brasile negli anni Cinquanta.

EMIGRAZIONE Se in Piemonte settembre è il mese in cui la vendemmia entra nel suo pieno ritmo, dall’altra parte dell’Atlantico, nella brasiliana São Roque, è il periodo della tradizionale festa del vino. L’edizione 2021 è stata rimandata per il dilagare della pandemia, ma la produzione vinicola, anche qui, non si arresta. La prima edizione si svolse nel 1942 e, per attendere la seconda, passarono dieci anni: durante alcuni tafferugli, un poliziotto uccise una persona e ciò creò un gran risentimento popolare. Nel 1947 fu ideata anche la festa della vendemmia, che si svolgeva tra i vigneti dei produttori e, anche allora, evitava assembramenti.

La città dello Stato di San Paolo, pur trovandosi a ridosso del Tropico del Capricorno, presenta un clima che si confà alla viticoltura, essendo le altitudini medie abbastanza elevate, fatto che rende il clima più fresco.

Fino al 1962 funzionò uno stabilimento della Gancia che produceva spumanti e vermouth per il mercato locale. Qui, nel 1956, arrivò il neolaureato in agraria con specializzazione in enologia Remo Lovisolo di Nizza Monferrato. Oggi Remo vive ancora in quella che è diventata la sua nuova patria. «Mio papà e mio nonno erano di Calamandrana, mentre mia mamma di Monastero Bormida», spiega Lovisolo, energico novantaduenne, che prosegue: «Dopo la laurea nel 1953 a Torino, avevo intenzione di proseguire nella carriera accademica. Ottenni un posto come assistente ma, dopo aver svolto il servizio militare negli Alpini sempre nel capoluogo piemontese, ho saputo che la Gancia in Brasile voleva assumere un tecnico. Sono arrivato a São Roque nel 1956».

La sua vita resterà, da allora, legata indissolubilmente al Paese verdeoro. Dopo la chiusura della Gancia, Remo trova lavoro alla sede locale della Martini e Rossi. «Intanto, conobbi una ragazza figlia di italiani che è diventata mia moglie. Le opportunità che offriva il Brasile hanno fatto sì che, in seguito, si trasferissero qui anche i miei genitori e le mie due sorelle. Mio padre, in particolare, dopo un viaggio per venirmi a trovare decise di non fare più ritorno in Italia». Fu negli anni sessanta che Remo e il padre aprirono la loro cantina, che chiamarono Vinícola Santa Cecília.

In Italia restò il fratello Osvaldo

I terreni e la casa di famiglia a Nizza sono stati acquistati dalla Bersano vini. A lavorare in Italia restò il fratello Osvaldo, di professione fitopatologo, diplomatosi all’Enologica di Alba e morto l’anno scorso a novantotto anni per il Covid-19. La sorella Renata, classe 1932, ricorda: «Io e mia sorella Elena, mancata due anni fa, abitavamo insieme a Torino, dove lavoravo come interprete dall’inglese per il Consolato statunitense e per la fabbrica di aerei Riv. Dopo aver ricevuto le prime notizie da mio fratello, io e lei abbiamo deciso di tentare una nuova vita oltreoceano. Ho preso sei mesi di licenza non retribuita e a San Paolo ho trovato lavoro dopo dieci giorni in una banca francese. All’inizio, addirittura, non avevo i documenti locali. Fino all’arrivo del Covid-19 ho abitato in un appartamento in città. Ora mi sono trasferita anch’io a São Roque con Remo. Io e mia sorella ci siamo mai sposate. Lei lavorava in una casa editrice, la Abril».

Dopo alcuni anni e la nascita dei due figli, Remo si sposta nel Sud del Paese, in quella che è la capitale brasiliana degli Spumanti. Il nome richiama l’Italia e i tanti immigrati che arrivarono in questa terra, il Rio Grande do Sul, al confine con Uruguay e Argentina: Garibaldi, l’eroe dei due mondi, combatté proprio in queste zone, dove conobbe Anita.

Prosegue Lovisolo: «Gli ultimi tre anni prima della pensione sono tornato a lavorare in Italia, per la Martini e Rossi in Puglia. Terminata la carriera da dipendente, ho fatto subito ritorno a São Roque, dove ho proseguito e incrementato la produzione vinicola». Nell’attività è ora aiutato dal figlio, enologo formatosi a Bari, mentre la figlia è una dottoressa. Tra le proposte ci sono vini provenienti da vitigni francesi, come Syrah e Chardonnay, ma anche liquori di vario tipo. «Negli anni della mia carriera professionale ho collaborato anche con una ditta francese che produceva distillati, tra i quali lo Strega. Ho conosciuto personalmente Molinari, il produttore della Sambuca. Per una parte della mia produzione mi rivolgo a un convento di suore sul monte Serra da Cantareira, che preparano infusi di erbe raccolte da loro». La Santa Cecília produce anche i vini Kosher, circa centocinquantamila bottiglie per le comunità ebraiche sparse in tutto il Brasile.

Tra le persone che Lovisolo ricorda c’è Renato Ratti, che visse alcuni anni nel Paese

Tra il bagaglio di conoscenze, esperienze e ricordi che legano Remo alla sua terra d’origine, di una persona in particolare parla volentieri con noi: «Sono stato un grande amico del vitivinicoltore ed enologo Renato Ratti, che lavorò per alcuni anni in Brasile alla Cinzano. L’ho aiutato anche dal punto di vista professionale a curare alcuni investimenti nel Paese. Dopo la sua morte, purtroppo, non sono riuscito a mantenere i contatti con i familiari in Piemonte».

Sono numerosi i piemontesi emigrati per poter lavorare

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Remo con il cappello da Alpino.

In Brasile, specie verso gli Stati del Sud, ci sono stati forti movimenti migratori dall’Italia. Quasi
un milione e mezzo di nostri connazionali partirono, tra il 1870 e il 1970, in cerca di fortuna nel Paese tropicale. São Roque non fa eccezione e qui la maggior parte delle persone provenienti dalla Penisola erano piemontesi. Lo stesso Lovisolo ha fondato e presiede, dal 1996, la locale Associazione dei piemontesi nel mondo, che a livello statale è diretta da Giovanni Manassero di Torino. Remo fa parte del sodalizio dal 1986, mentre prima era nell’Associasion Famija piemontejsa. «Ora purtroppo si sta perdendo tutto, i vecchi se ne vanno e i giovani, compresi i miei figli, non portano avanti le tradizioni e non parlano la lingua. Qua avevamo anche una sezione degli Alpini e ogni occasione era buona per far festa, sempre nel ricordo delle origini», spiega Remo. Le altre comunità di discendenti presenti in città arrivano da Marche, Abruzzo e Portogallo. Nel 1890 il milanese Enrico Dall’Acqua installò la fabbrica di tessuti Brasital e richiamò vari biellesi, già esperti nelle lavorazioni di questo settore. Nel 1970 dovette chiudere. Continua Lovisolo: «Ora anche la Martini e Rossi è stata venduta, l’ha comprata la Bacardi. C’è però un ristorante, Da Stefano, gestito dalla famiglia di Stefano Borsarelli di Mondovì. Prima apparteneva a Pennone di Canelli. La cucina proposta è tipicamente piemontese e il locale è uno dei più rinomati della regione. Se si vuole estendere il discorso a San Paolo, l’impresa Bauducco, che vende in tutto il territorio del Brasile, produce grissini, panettoni, baci di dama e paste di meliga».

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Ciò che resta della fabbrica tessile Brasital, fondata da Enrico Dall’Acqua nel 1890.

I viaggi sono ancora limitati per la pandemia

Remo Lovisolo sarebbe dovuto venire in Italia due anni fa, ma la pandemia ha stravolto tutti i piani. «Appena sarà possibile cercheremo di rimediare», spiega, «purtroppo la situazione in Brasile è ancora molto critica, a causa della gestione negligente, criminale e negazionista attuata dal presidente Jair Messias Bolsonaro. Fortunatamente alcuni governatori degli Stati federati hanno preso la situazione in mano e hanno tentato di arginare queste scelte scellerate, che includono l’assenza di obbligo dell’uso di mascherina e di chiusure in caso di picchi di contagi». I decessi nel Paese sono stati quasi seicentomila.

Tradizione viticola ancora molto forte e radicata in questa terra posta ai tropici

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“São Roque, la terra del vino” recita la scritta sulla botte.

Testimonianze di viticoltura a São Roque si hanno già nel Settecento, ma è negli anni trenta del Novecento che si compie il salto di qualità, grazie anche all’azione dei nuovi immigrati europei. Insieme alla non distante Jundiaí, si afferma velocemente come un centro primario per la produzione di uva e vino nello Stato di San Paolo. Per assistere i produttori della zona, nel 1928 fu creata una stazione sperimentale dell’istituto agronomico di Campinas volta ad analizzare i problemi in cui sarebbero potuti incorrere i viticoltori del luogo.

Se nel 1903 si producevano in città quasi quattromila ettolitri di vino, nel 1948 si arrivò a circa ventiquattromila. Gancia e Cinzano si installarono qui negli anni Trenta e i contadini iniziarono a conferire loro le uve. Anche se ora il numero di viticoltori è sceso, la produzione di vino si attesta sui cinquantamila ettolitri. «Temiamo però gli effetti del cambiamento climatico: un ulteriore innalzamento delle temperature renderebbe difficile continuare a praticare la viticoltura in queste terre», conclude Lovisolo.

Tra le attrazioni c’è anche un castello

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A São Roque il castello in stile medievale aprirà a breve.

Secondo l’istituto brasiliano di statistica, la città di São Roque si estende su una superficie di circa trecento chilometri quadrati e conta poco meno di ottantamila abitanti. L’altitudine del centro abitato è sugli ottocento metri, tuttavia il territorio comunale tocca delle quote intorno ai 1.200. Dista una settantina di chilometri dalla capitale statale San Paolo. Il nome in italiano significa, come si può facilmente intuire, semplicemente San Rocco. Tra le attrazioni che saranno ultimate nei prossimi mesi vi è la riproduzione di un castello in stile medievale. L’ambizioso progetto, iniziato nel 2016, prevede l’apertura di un museo sul Medioevo, ristoranti tematici e la possibilità di affittare costumi tipici. Con i suoi quattromila metri quadrati edificati, circondato da un parco di cinque ettari, si propone di diventare una delle attrazioni principali della regione. Oltre alla viticoltura e alla produzione agricola, è il comparto turistico a trainare l’economia cittadina, dopo che tutte le industrie sono state smantellate.

Davide Barile

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