Ultime notizie

L’Unesco lancia l’ultimatum sul lavoro in vigna

L’Unesco lancia l’ultimatum sul lavoro in vigna

L’INTERVISTA La qualità di un areale agricolo non può prescindere dalla dignità delle persone che vi lavorano. Il concetto di eccellenza stona se rapportato alle baracche, ai contratti grigi o neri, alle paghe di tre euro all’ora o al caporalato. Per questo l’Unesco ha eletto, tra i valori fondanti, i diritti delle persone: ai nostri paesaggi viticoli che ne sono patrimonio serve un sistema di accoglienza degli addetti efficace, non soltanto durante la vendemmia, ma anche nelle altre fasi. Al tavolo operativo avviato dal Comune per l’emergenza degli stagionali partecipa anche Roberto Cerrato, direttore dell’Associazione per il patrimonio delle colline Unesco.

Qual è la linea dell’ente in materia di occupazione fra le nostre colline?
«Un mese fa, la Commissione nazionale per l’Unesco mi ha richiamato per conoscere la reale situazione degli stagionali nella nostra area. La rassegna stampa dell’ente aveva portato alla luce alcuni articoli inerenti l’argomento fra Langhe, Roero e Monferrato: da subito la questione ha destato interesse e la volontà di capire in quali condizioni vivano e lavorino questi immigrati. L’attività svolta, nei mesi scorsi, da Gazzetta d’Alba ha avuto un ruolo importante nell’approfondire il fenomeno. Ora occorre proseguire sulla strada intrapresa con il tavolo coordinato dal Comune, che viene aggiornato ogni settimana».

Siamo sulla strada giusta quindi?
«Rispetto al 2020 o solo a poche settimane fa, quando gli stagionali erano accampati lungo il Tanaro, possiamo dire che qualcosa è cambiato. Il gruppo di lavoro, supportato dal consorzio socioassistenziale e dalle realtà del terzo settore ha messo in pratica provvedimenti e creato strutture che, al momento, stanno dando risposte. Si tratta di un primo passo: tutto è migliorabile, ma credo sia un aspetto da non sottovalutare. Ci ispiriamo alle altre realtà che si sono trovate nelle stesse condizioni; noi siamo chiamati ad agire allo stesso modo. Non possiamo permettere che chi accudisce le nostre vigne non riceva rispetto e diritti, ancor più perché siamo una zona ricca e sotto la tutela dell’Unesco».

Alba si è mobilitata, certo, ma lo stesso non si può dire dei Comuni vicini e di una parte delle aziende, che continuano a trovare manodopera attraverso cooperative e realtà che non rispettano in alcun modo i diritti dei lavoratori.
«Dobbiamo lavorare affinché la rete avviata ad Alba si allarghi. Bisogna, anzitutto, collaborare con i Comuni del circondario, anche perché la maggior parte degli stagionali opera sulle colline limitrofe: la loro sistemazione riguarda tutti i paesi di Langhe e Roero, chiamati a fare la loro parte. Allo stesso tempo deve nascere un collegamento con le aziende vitivinicole e le associazioni datoriali: sono loro ad avere la possibilità di sensibilizzare e coinvolgere i loro associati attorno al tema del lavoro legale. È evidente che esistono sacche di illegalità e forme di caporalato diffuse: non possiamo permettere che questi fenomeni trovino il modo di mettere radici nella nostra area, sia in nome della nostra essenza che di quanto abbiamo costruito negli ultimi decenni».

Francesca Pinaffo

Banner Gazzetta d'Alba