Nel contesto locale si può evolvere: 25 anni di progetto Emmaus

ALBA Il 23 settembre la cooperativa sociale progetto Emmaus ha festeggiato i 25 anni di vita, organizzando un convegno dal titolo “Riflessioni in cammino”. All’incontro erano presenti molte associazioni e cooperative del territorio. La relatrice principale della giornata era la psicosociologa dello studio Aps di Milano Franca Olivetti Manoukian: autrice di numerosi articoli e volumi, è conosciuta in tutta Italia per la sua capacità analitica e interpretativa delle dimensioni sociali.

Nel contesto locale si può evolvere
Franca Olivetti Manoukian

Stiamo attraversando un periodo confuso. Le trasformazioni sembrano riguardare ogni ordine sociale. Come usciremo da questo tempo, Manoukian?

«Mi piace parlare di evoluzioni più che di trasformazioni. Penso che le evoluzioni saranno possibili solo nei contesti locali, su piccola scala. Qui troviamo tendenze e spinte con caratteristiche costruttive, che rischiano di smarrirsi se applicate a una dimensione più ampia. Le esperienze locali sono capaci di arricchirsi e di radicarsi con forza: la cosa difficile è trovare strumenti di connessione tra queste territorialità, unirle in un’immagine più ampia».

Quindi, a suo avviso è necessario concentrarsi su territorio e comunità?

«Sì. Questa prospettiva consente di sviluppare apprendimenti di valore, trasmissibili e solidi. La sfida è rendere permanenti le evoluzioni: sovente nei contesti locali le competenze e le esperienze sono legate a una sola persona; pensiamo, per esempio, a una qualsiasi organizzazione che opera nel sociale. Finché l’individuo capace è operativo, il suo bagaglio conoscitivo può vivere. Quando la persona non c’è più, viene disperso e dissipato. Si innescano dinamiche di inerzia e ripetizione. Dobbiamo invece riuscire a costruire percorsi capaci di durare e di svilupparsi a prescindere dal singolo».

Quali sono le ferite “urgenti” da curare a livello sociale?

«Penso ai bambini, verso cui sovente vengono esercitate forme di noncuranza e talvolta violenza o modalità di proibizione che non aiutano a sviluppare personalità sane. I metodi educativi utilizzati risultano inadeguati e la scuola non aiuta, tendendo a essere esclusiva: riflettiamo ai respingimenti e alla dispersione scolastica, fenomeni indicativi del fallimento dell’istituzione formativa nel progettare percorsi di valorizzazione del singolo. I nostri sforzi dovrebbero invece convergere nel ridurre le disuguaglianze e creare relazioni di supporto reciproco».

L’organizzazione dovrebbe abbandonare la pretesa di essere autoritaria e pensare di più alla persona?

«Dobbiamo abbandonare l’organizzazione gerarchica e basata sulle procedure. Meglio operare tramite gruppi orizzontali e lavoro d’équipe. Negli ultimi tempi le professioni hanno ridotto il tempo dedicato al lavoro in squadra, strutturandosi su dinamiche di settorializzazione e iperspecializzazione. Infine, non dobbiamo scordare che fare rete è importante, ma la rete per definizione può anche intrappolare, mettere in difficoltà. Una rete non deve essere rigida, ma piuttosto flessibile e inclusiva».

m.d.

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