ALBA Tre giorni di iniziative tenutesi al palaAlba hanno costituito il nocciolo delle celebrazioni albesi per il cinquantenario della morte del beato Giacomo Alberione.
Il ruolo che ebbe nel contesto ecclesiale del Novecento è stato oggetto della relazione dello storico Andrea Riccardi, ministro nel Governo Monti. L’incontro è avvenuto venerdì 26, preceduto da un’introduzione del direttore di Gazzetta d’Alba, don Giusto Truglia, il quale ha auspicato che il fondatore dalla Famiglia paolina possa diventare «patrono degli imprenditori». Ha spiegato Riccardi:«Alberione è un uomo del Novecento, che vive le vicende dell’Italia saldamente unificata e muore in piena Guerra fredda. Mai fu un prete avulso dalla storia del secolo passato: fu una persona calata nella realtà, che non si chiuse nelle istituzioni ecclesiastiche, nel piccolo mondo antico della Chiesa e della Langa, ma seppe sentire le spinte della storia» .
- Grande successo per i tre giorni dedicati al beato Giacomo Alberione
- Andrea Riccardi parla di Alberione
- Speciale Alberione: impresa ed economia per il Vangelo
- Un anticipatore dei tempi nuovi per la Chiesa cattolica
- Gli incontri con Andrea Riccardi e Stefano Zamagni
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- Il 26 e il 27 novembre torna in scena il beato Alberione, imprenditore di Dio
Venerdì e sabato è andato in scena don.alberione.com, spettacolo scritto da Angela Prestianni e diretto da Gian Paolo Montisci, con gli attori della compagnia l’Albron. Il regista Montischi ha dichiarato«Difficile, quando si replica la sera dopo l’esordio, registrare un’alta affluenza di pubblico: gli albesi hanno risposto con entusiasmo e ne siamo felici».
Domenica, dopo la Messa nel tempio di San Paolo in cui sono stati ricordati i giubilei dei Paolini, si è tenuto l’incontro conclusivo. Tra il pubblico c’era anche l’ex sindaco Ettore Paganelli che, nel 1964, concesse la cittadinanza onoraria ad Alberione. Dopo i saluti di don Antonio Sciortino, direttore di Vita pastorale, ha preso la parola lo storico Gianfranco Maggi. Nell’intervento intitolato “Da Alba al mondo” ha ripercorso le vicende del fondatore della Famiglia paolina: «Alberione volle fare del giornalismo “il braccio destro e l’arma della Chiesa”. Riuscì a costruire una grande industria partendo da zero, in un’epoca in cui la città era un deserto d’impresa».
In seguito ha parlato l’economista Stefano Zamagni, presidente della Pontificia accademia delle scienze sociali. Lo studioso ha analizzato la figura di Alberione come “imprenditore di Dio”: «L’imprenditore deve avere una bussola, un riferimento di valore: questa è una prima differenza rispetto al manager. L’imprenditore è uno che decide, mentre il manager sceglie. La scelta è dettata dalla razionalità, mentre la decisione da intuito e saggezza. Don Alberione era un imprenditore, guidato dalla visione e capace di trascinare la Famiglia paolina nel mondo. Ovviamente incontrò delle difficoltà, poiché anche nella Chiesa esiste la burocrazia, che è la forma più chiara di dimostrazione dell’esistenza del peccato originale. È un qualcosa che in minima parte bisogna tollerare, ma che in Italia impedisce, a chi lo desidera, di fare del bene».
Al termine, il vescovo Marco Brunetti ha affermato: «Alberione è stato un gigante che ha incarnato il messaggio evangelico senza paura ma capace guardare al futuro. Mi chiedo cosa avrebbe da dire oggi rispetto al cammino sinodale delle Chiese in Italia. Penso che sarebbe capace di darci una grande spinta verso l’esterno, permettendoci di dialogare con tutti i mezzi a nostra disposizione, senza paura o pudore».
Davide Barile