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Pesta suina: nella zona infetta accertati 25 casi

Peste suina Piemonte, allargata la zona infetta

TORINO Sono 25 i casi accertati di cinghiali morti di Peste suina africana (Psa), 14 in Piemonte e 11 in Liguria.

È quanto risulta dal rapporto dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Piemonte Liguria e Valle d’Aosta, che ha sede a Torino.

Pesta suina: nella zona infetta accertati 25 casi

Le analisi di laboratorio hanno riguardato campioni prelevati da 139 carcasse di cinghiale, 101 provenienti dal Piemonte, 38 della Liguria.

Tutti i casi positivi riguardano l’area infetta (114 Comuni tra Piemonte e Liguria) con una percentuale del 50% rispetto ai campioni analizzati (50).

Tutti negativi, invece, gli esiti delle analisi dei campioni biologici prelevati nell’area di confine (10 km), in tutto 18, e i 71 in arrivo portati dalle altre aree delle regioni.

I dati sono aggiornati al 26 gennaio e riguardano il periodo dalla vigilia di Natale, quando è stato trovato, a Ovada (Alessandria) il primo cinghiale morto di Psa.

Danni enormi al turismo

Nell’enorme area a cavallo tra Piemonte e gli Appennini, chiusa in un nuovo lockdown di fatto per la peste suina africana, la speranza è che, con l’arrivo della primavera, le rigide norme disposte da ministeri e Regioni per fermare l’epidemia possano venire allentare. Altrimenti, sarà un disastro per l’economia locale.

«Siamo in pieno inverno ed è tutto fermo, certe limitazioni possiamo sopportarle, ma sarà ben diverso dalla fine di febbraio, quando deve partire la nuova stagione, che da queste parti punta tutto sulle attività all’aperto, nella natura», spiega all’Ansa Marco, titolare con la moglie Luciana, dell’agriturismo foresteria La Merlina a Dernice, a cavallo tra le valli appenniniche alessandrine Curone e Borbera, nel cuore della zona infetta.

«Avevamo 11 maiali allevati allo stato semibrado e i veterinari dell’Asl hanno pianificato la loro sorte. Dobbiamo macellarli tutti, in 15 giorni. E poi dovremo aspettare quasi 6 mesi per averne degli altri».

Da quei suini si ottiene un pregiato salame che fa parte, come quello di un’altra ventina di produttori, del Consorzio del salame nobile del Giarolo.

Sulle cause dell’epidemia di Peste suina africana, il titolare dell’agriturismo non ha dubbi: «È stato permesso ai cinghiali di proliferare, senza nessun intervento. Da anni se ne incontrano a frotte, dappertutto. Il rischio dell’arrivo di questo virus era noto ma non si è fatto niente per prevenirlo, e adesso ci si trova a rincorrere una soluzione difficile. Tulle le nostre attività rischiano un lungo blocco totale, ma in queste valli impedire l’escursionismo e la mountain bike, le passeggiate nel bosco e le altre attività all’aperto, significa un blocco totale. Qui si metteva in pratica il turismo lento e sicuro, lontano dagli affollamenti, proprio la strada che era stata indicata per il dopo-pandemia Covid. Il danno può essere enorme».

I paesi appenninici dell’Alessandrino si ritrovano ad avere paura di un nuovo periodo buio. «Speriamo – conclude il titolare dell’agriturismo di Dernice – che le norme così rigide dettate dall’emergenza possano, con buon senso e usando tutte le precauzioni possibili, possano essere alleggerite, per consentire la ripartenza delle nostre attività».

Ansa

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