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Contrabbandavano oro rubato in Svizzera: sgominata banda di sinti astigiani

Contrabbandavano oro rubato in Svizzera: sgominata banda di sinti astigiani

ASTI La banda si procurava l’oro rubato a chili, facendo affidamento su una fitta rete di ricettatori in collegamento coi “topi d’appartamento”, quindi lo fondeva eliminando le impurità per ottenere lingotti che uno membro del gruppo trasportava in Svizzera, passando per i varchi di frontiera del Comasco. Nel Canton Ticino avveniva la vendita e il denaro, in mazzette di banconote da 500 euro, ritornava in Italia dove veniva diviso fra sei persone arrestate ieri (venerdì 25 febbraio) fra il capoluogo astigiano, Pavia e il Canavese, dai Carabinieri. Il fiume di monili e gioielli, si stima cento chili in 5 mesi, veniva smistato da tre persone di etnia sinti, come gli altri arrestati, residenti nell’area del campo nomadi di via Guerra, e da altri due che vivevano a Pavia, l’ultimo componente della banda di ricettatori, originario dell’Astigiano è stato individuato nel Comune di San Giusto Canavese: in auto aveva 37 chilogrammi di oro e un milione di euro in contanti.

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Il tenente colonnello Vittorio Balbo, comandante del Reparto operativo ha seguito l’inchiesta, nata nel mondo dei furti in abitazione, per oltre cinque mesi: «Siamo risaliti a una persona che maneggiava grandi quantità di denaro, da qui abbiamo avuto lo spunto per le indagini». Pedinamenti e trasferte in Svizzera  sono iniziate lo scorso settembre e hanno permesso di ricostruire l’organigramma del gruppo, dedito al riciclaggio dei preziosi, sul quale grava l’accusa di associazione a delinquere. «Non avevano a che fare con gli esecutori materiali dei furti ma li pagavano molto bene garantendosi un approvvigionamento costante: il margine di guadagno, viste le quantità smerciate e fuse era elevatissimo». Cinque milioni, secondo i calcoli dei militari, in base ai viaggi documentati, «due la settimana con carichi variabili fra 6 e 12 chili di lingotti con in quali uno degli arrestati passava la frontiera senza problemi».

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Alcune delle armi sequestrate

Nel paese elvetico lo attendevano due complici, indagati dalle autorità svizzere, «contro i quali verrà emesso, dalla Procura di Novara, un mandato di arresto europeo. Le forze dell’ordine elvetiche stanno ancora svolgendo perquisizioni». prosegue l’ufficiale. In un deposito dell’Alessandrino, riconducibile alla banda, sono state trovate anche 15 pistole con relative munizioni: il rinvenimento, assieme al sequestro di gioielli non ancora fusi apre un nuovo capitolo operativo: «Le armi hanno ancora le matricole, i preziosi siglature e date, tutti elementi che ci permetteranno di risalire ai singoli furti e identificare le aree da cui proviene la refurtiva e gli esecutori dei colpi», conclude Balbo.

Davide Gallesio 

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